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Ecco la strategia Uk contro la manipolazione informativa

Nel nuovo ecosistema digitale, la verità è diventata una questione di sicurezza nazionale. Il Regno Unito aggiorna la propria strategia di difesa cognitiva con il Resist 3, il framework del Government Communication Service che ridefinisce la comunicazione pubblica come pilastro della sicurezza democratica

Il Resist 3, sviluppato da James Pamment dell’Istituto di Difesa Psicologica dell’Università di Lund, rappresenta un’evoluzione sostanziale rispetto alla versione del 2021. Se allora l’obiettivo era individuare e smontare notizie false, oggi il perno è rafforzare la resilienza sociale, la capacità collettiva di riconoscere, assorbire e reagire agli attacchi cognitivi che minano le fondamenta degli apparati democratici. Da qui, il documento ridefinisce il lessico del rischio. Parla di misinformation, disinformation e malinformation. Tre sfumature di un unico problema: l’erosione della realtà, frammentata e ridotta a nebbia percettiva.

A questo quadro, si aggiunge il concetto di Foreign Information Manipulation and Interference (Fimi), ovvero la manipolazione coordinata e sistemica di informazioni da parte di attori ostili. Veri e propri strumenti di pressione geopolitica che mirano a destabilizzare società aperte attraverso la sfiducia e la polarizzazione.

Comunicazione e deterrenza

La struttura del Resist 3 è organizzata in sei percorsi: Recognise, Early Warning, Situational Insight, Impact Analysis, Strategic Communication, Tracking Effectiveness.
Sei  passaggi per una ridefinizione concettuale della comunicazione intesa come capacità strategica dello Stato di prevenire i tentativi sistemici di manipolazione delle percezioni e disinformazione.

Smentire? Meglio prevenire. In altre parole, il documento sottolinea l’importanza di costruire fiducia prima che la manipolazione trovi spazio. La resilienza cognitiva, dunque, non sarebbe solo reattiva, ma preventiva. Educare l’ecosistema informativo, informare e formare la popolazione e costruire canali di comunicazione efficaci e stabili renderebbe meno vulnerabile la società.

Un punto di rilievo è l’invito a valutare le vulnerabilità interne. Conoscere la minaccia è utile ma non è tutto: occorre conoscere sé stessi. Ogni istituzione deve mappare i propri punti deboli, le proprie fratture comunicative, tutti i bias cognitivi che un attore malevolo potrebbe sfruttare.

Intelligenza artificiale come moltiplicatore di caos

L’intelligenza artificiale è la grande variabile globale. E anche quella del nuovo ecosistema informativo. Da un lato, le reti di bot e i modelli linguistici generativi amplificano la disinformazione con una velocità e una scala mai viste. Operazioni come CopyCop, hanno mostrato come pochi attori possano manipolare interi ecosistemi mediatici clonando testate, generando contenuti artificiali e diffondendo migliaia di articoli falsi su temi geopolitici sensibili: Ucraina, Israele, Stati Uniti, Europa.

Dall’altro, lo stesso strumento – se governato – diventa un alleato. Le piattaforme di analisi automatizzata, le tecniche di network mapping e le funzioni di content verification basate su IA possono identificare pattern, anticipare trend e isolare le sorgenti di manipolazione. La differenza? Le intenzioni degli attori, la loro legittimazione, le capacità tattiche e strategiche dietro al loro utilizzo.

Resilienza cognitiva come infrastruttura democratica

Nel linguaggio del governo britannico, la “strategic communication” diventa il pilastro della politica pubblica. Il comunicatore pubblico è descritto come un analista, un osservatore e un architetto della fiducia. La resilienza è una funzione collettiva e va costruita attraverso un approccio collettivo – whole-of-society – che integri sinergie tra governi, imprese, media e cittadini.

La resilienza informativa non è un esercizio di fact-checking o di contrasto alla menzogna, bensì una forma di sovranità democratica che difende la capacità dei cittadini di riconoscere, credere e difendere la realtà, il pensiero critico, la capacità di discernere. Le stesse capacità alla base dei processi informativi, gli stessi processi che permettono agli elettori di votare e, agli eletti, di prendere le migliori, e più informate, decisioni possibili.


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