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L’Iran arma Mosca con una nuova generazione di droni. Ecco lo Shahed-107

Mosca ha iniziato a utilizzare lo Shahed-107, un nuovo drone iraniano più piccolo ed economico dello Shahed-136 ma ideale per colpire logistica e retrovie ucraine. Dotato di motore a pistoni, testata da 8-9 kg e raggio fino a 800 km, potrebbe essere prodotto in Russia e impiegato in grandi quantità

Sul fronte ucraino sono iniziati ad apparire nuovi modelli di droni iraniani impiegati dalle forze armate russe. Più piccolo e con raggio inferiori (ma anche con costi di produzione altrettanto più bassi) rispetto al fratello maggiore Shahed-136, lo Shahed-107 rappresenta la scelta ideale per la conduzione di attacchi a medio raggio destinati contro la logistica e le retrovie di Kyiv.

Questo drone dispone apparentemente di una testata da circa 8/9 chili e di un sistema di navigazione basato su antenna Crpa a quattro elementi per Gps e Glonass. Secondo alcuni, lo Shahed-107 si tratterebbe di una versione più avanzata del precedente Shahed-101, già usato da Hezbollah contro Israele e con un impiego documentato in Iraq. Secondo queste stime, il drone sarebbe lanciato tramite catapulta fissa, avrebbe un raggio d’azione di circa 800 chilometri, una quota massima di tremila metri, una velocità di crociera di circa 120 km/h e un peso complessivo di una trentina di chili. L’agenzia iraniana Mehr fornisce invece numeri molto più alti, parlando di una gittata oltre i 1.500 chilometri.

Le immagini pubblicate dagli operatori ucraini mostrano un drone con fusoliera cilindrica, ali rettangolari montate sulla parte superiore e una caratteristica coda a croce. La principale differenza rispetto ai modelli precedenti riguarda il passaggio dal motore elettrico a un motore a pistoni, scelta che aumenta la autonomia ma rende il drone più facilmente individuabile dal punto di vista acustico e termico. La configurazione ricorda diversi sistemi occidentali, tra cui il drone statunitense “Disruptor” della famiglia Phoenix Ghost, che presenta soluzioni aerodinamiche simili.

Secondo l’analista Konrad Muzyka, la dottrina d’impiego russa sta cambiando rapidamente. Unità come il gruppo Rubicon operano fino a venti chilometri dietro le linee ucraine, prendendo di mira elementi logistici e capacità fondamentali della difesa di Kyiv. Nel frattempo le formazioni di manovra ingaggiano obiettivi fino a una profondità di dieci chilometri. Questo ha portato a un aumento delle perdite ucraine tra personale logistico e operatori di droni, mentre quelle tra la fanteria, già decimata, crescono più lentamente.

Nel corso del 2025 la Russia ha inoltre avviato sperimentazioni su versioni modificate degli Shahed-136, impiegandoli per colpire bersagli dinamici come treni in movimento, grazie a sistemi di guida “man-in-the-loop”. Lo Shahed-107 potrebbe diventare lo strumento ideale per standardizzare questa capacità a costi ridotti e con un numero molto maggiore di munizioni disponibili. Se impiegato su larga scala, offrirebbe a Mosca una piattaforma semplice da produrre, adatta sia contro obiettivi statici sia contro bersagli mobili, e utile per saturare aree che finora erano relativamente al riparo da attacchi continui.

L’emergere dello Shahed-107 rappresenta dunque un ulteriore passo avanti nella strategia russa basata sull’uso massivo di sistemi unmanned economici e numerosi. È un’evoluzione che potrebbe presto trasformarsi in una minaccia costante per le retrovie ucraine, proprio nelle aree che finora erano state considerate relativamente più sicure.

 


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