Citiamo Joseph de Maistre perché rappresenta veramente molto bene, in questo particolare momento, il nostro sentimento inquieto, intorno ai temi della giustizia. Sia la situazione politica, sia l’intendimento di Giorgio Napolitano, hanno aperto un fronte molto sconosciuto ai semplici cittadini e cittadine. Vediamo insieme perché, osando esprimere delle opinioni. E neanche tanto timide poiché il Governo Letta – oltre ad un nuovo coraggio nel programma economico, che certo non coincide con vendere solo un po’ di patrimonio per coprire l’eccesso di deficit – deve affrontare e risolvere i nodi sul fronte della giustizia, della legge elettorale e delle riforme istituzionali. Non mediando perché tutti ci stiano, ma scegliendo in modo che quella auspicata “maggioranza politica” si formi.
Ma torniamo alla giustizia andando oltre il testo divenuto legge che ha inasprito i provvedimenti sul femminicidio di cui già la settimana scorsa ci siamo occupate e ponendo dei quesiti sul testo che ora comunque va conosciuto bene e soprattutto applicato. Non c’è dubbio che il Governo deve affrontare la questione giustizia, ma evitando gli sbagli commessi nel passato, quando si sono separati i provvedimenti di clemenza da una riforma complessiva della giustizia, poiché solo una riforma vera può ridurre in modo strutturale il numero dei carcerati. Perché secondo i dati del dipartimento giustizia penitenziaria i detenuti che stanno scontando la pena sono solo il 58% dei 64.758, (le carceri italiane ne potrebbero ospitare solo 47615!) un altro 26,4% sono in attesa di giudizio, un 19% sono in attesa addirittura di primo grado di giudizio, e si capisce che è solo cancellando questa mostruosità della reclusione preventiva che si può combattere in modo serio e duraturo l’affollamento.
Partecipando ad una iniziativa con studenti delle scuole superiori proprio in questi giorni abbiamo insieme analizzato cosa è l’amnistia – non l’indulto, che già nel 2006 ha dato cattiva prova – che riteniamo necessaria e non tanto per le carceri, bensì per salvare la riforma dal mostruoso arretrato che concorre a rendere ingiusta la nostra giustizia. Ma questo presuppone che la riforma sia stata fatta e soprattutto che sia scardinata l’odierna ascesa di certa magistratura contro il potere legislativo e contro l’esecutivo, teorizzando il principio della giurisprudenza evolutiva con funzione parallelamente legislativa.
Tornando ai numeri sopra citati dunque il messaggio che il presidente della Repubblica ha inviato al Parlamento, servendosi dello strumento costituzionalmente appropriato dopo 8 anni di silenzio, ha una parte molto interessante quando auspica la “riduzione dell’area applicativa della custodia cautelare”. Noi però osiamo ricordare che la legge già prevede che quella custodia sia disposta solo in casi estremi e di alta pericolosità sociale, ma tutti paiono dimenticarsene , e la magistratura e la politica non perdono e occasione per reclamare arresti senza processi. Così la galera è invocata per gli innocenti e il perdono per i colpevoli. Proponendo sia l’indulto che l’amnistia, da farsi in tempi brevi, Giorgio Napolitano chiede di escludere i “reati particolarmente odiosi”, ferma restando la necessità di evitare che essa incida su reati di rilevante gravità e allarme sociale (appunto i reati di violenza contro le donne)”. Ma ci domandiamo i “reati odiosi” quali sono? E gli altri “ di allarme sociale?”.
Il sovraffollamento carcerario è una situazione devastante e i radicali si battono, con tenacia e coerenza, da decenni. A loro va la nostra gratitudine e ci ricordano che la clemenza senza giustizia non risolve nulla. Lo abbiamo visto appunto nel 2006. Serve riformare introducendo tempi certi e non ordinatori, la responsabilità dei giudici, la separazione delle carriere,poi salveremo la giustizia usando l’amnistia… Se si inverte l’ordine di precedenza si sfollano gli istituti di pena, ci si mantiene incivili, si nega il diritto e si ricomincia a buttare in carcere con maggiore lena e senza processo. In poco tempo torniamo alla gogna.