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Phisikk du role – Buen Camino, il lato spirituale di Checco Zalone

L’ultimo film di Checco Zalone, Buen Camino, adesso al cinema si muove nella direzione della spiritualità. Sì, avete letto bene: di spiritualità e di redenzione, con lieto fine e rispettoso ingresso nella cattedrale barocca di Santiago di Compostela. La rubrica di Pino Pisicchio

È un maestro di spiazzamenti meglio del Debord situazionista, Luca Medici, in arte Checco Zalone, che ha annunciato il suo ritorno nelle sale cinematografiche, dopo quasi sei anni di assenza, con un video sibillino fatto circolare sapientemente qualche giorno prima dell’uscita natalizia del film “Buen Camino”.

Il titolo della clip, che accompagnerà anche i titoli di coda del film, è inequivocabile: “Prostata Enflamada”. Il video è affidato all’improbabile ballerino di flamenco Joaquin Cortison, che è sempre l’ineffabile Checco, alle prese col problema del maschio in viaggio oltre le colonne d’Ercole dell’età di mezzo, impegnato alla ricerca di toilette piuttosto che di voluttuose fanciulle da sogno erotico italiano in inutile attesa.

La “prostata enflamada” in effetti c’entra col film, ma sembra solo come pretesto per reggere il video fuorviante perché questo del ritorno di Luca Medici in coppia con Genny Nuziante, dopo la prova in solitudine auto-registica di Tolo Tolo del 2020 (46 milioni d’incasso, sesto film in assoluto in Italia, con un paio della ditta Zalone-Nunziante che lo sovrastano) si muove nella direzione della spiritualità. Sì, avete letto bene: di spiritualità e di redenzione, con lieto fine e rispettoso ingresso nella cattedrale barocca di Santiago di Compostela, con tanto di botafumeiros, gli enormi turiboli di San Giacomo, in oscillazione tra le navate per effondere incenso e santità ai pellegrini. Il solito vetriolo iconoclasta alla Zalone, cinico e fulminante c’è, ma non entra nel sacro che, anzi, sembra rappresentare davvero l’ultima chance a cui l’autore aderisce, quando tutte le altre risorse svaporano.

Ma, andiamo con ordine. Il film sembra aderire ad un romanzo di formazione di un’adolescente, la figlia (Cristal, come lo champagne) trascuratissima di un ricco, viziato cinquantenne “quasi ereditiere” di un impero industriale cui non ha mai messo mano, impegnato com’è a collezionare Ferrari, modelle venticinquenni (che appena superano i trenta vengono ripudiate), ville megagalattiche, feste sibarite e champagne Cristal (come la figlia).

La figlia, diciassettenne, vive con la madre (Martina Colombari) ex di Checco, e il suo compagno, entrambi impegnati in progetti teatrali, ma non sembra entusiasta dell’ingombro di materialità della sua vita cui non manca niente se non la spiritualità e, probabilmente anche una genitorialità consapevole.

Così un bel giorno sparisce senza lasciare traccia. Quella traccia la trova Checco scoprendo che la ragazza è andata in Francia per intraprendere l’itinerario più impegnativo del cammino di Compostela. Checco salta sulla sua Ferrari rossa e raggiunge la figlia, immaginando di chiudere la faccenda in un giorno perché sta sovrintendendo alla sua festa di compleanno, ispirata molto modestamente ai fasti dei faraoni.

Ovviamente la faccenda non si chiude così presto: il padre dovrà accettare l’essenzialità e il rigore pauperistico dei pellegrini – che infrangerà con irresistibili escamotage tipo comprare cibi e vini dal ristorante con tre stelle Michelin e farle passare come cucina dell’ortolano – e la figlia dovrà imparare a conoscere lo sconosciuto padre, grazie anche al fondamentale aiuto di una pellegrina gentile, che conquisterà il cuore di Checco con esiti imprevedibili che non stiamo a raccontare.

Insomma: il romanzo di formazione che sembra predisposto per la figlia in realtà riguarda il padre. Anzi: riguarda entrambi, in origine perfetti sconosciuti e poi attraverso il viaggio, tema ampiamente visitato nella filmografia italiana contemporanea, a partire da Sordi/Verdone – reciprocamente riconosciutisi nel loro rapporto familiare necessario.

La comicità di Checco Zalone è esigente: non elude il sarcasmo, ma lo mette a servizio di uno schizzo che ha un fondo morale solido, come si addice alla categoria del “comico” di qualità che non si appaga di facili calembour e rumori viscerali. No, c’è un sottotesto che critica e suggerisce.

In questo film, che forse è più simile al “Tolo Tolo” con al centro il dramma dei flussi migratori nel Mediterraneo, piuttosto che ai primi, al centro c’è, oltre al rapporto genitore/figlio, il conflitto materialità- spiritualità, superfluità- essenzialità.

In fondo, dice Checco, un portafoglio che fa collezione di carte di credito è più povero delle credenziali che servono ad ottenere la Compostela. L’unico documento che può certificare l’avvenuto compimento del Cammino. Che si fa per sentieri sconnessi, ma soprattutto dentro i complicati sentieri della vita.


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