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Il populismo in Europa secondo Chenaux. La lettura di Lucarella

Il libro di Camille Chenaux legge il populismo come espressione della crisi dello Stato-nazione e come fattore ormai strutturale delle democrazie europee. Dall’Italia alla Germania, il populismo emerge non come deviazione ma come forma adattiva della politica contemporanea, analizzata senza demonizzazioni e con solide categorie politologiche. La recensione di Angelo Lucarella 

C’è qualcosa di sexy nel populismo? È uno dei punti più importanti che possiamo trovare nel libro “Crisi dello Stato-nazione e populismi europei” (circa 196 pagine per Carocci editore) in cui Camille Chenaux, politologa italo-svizzera, affronta una delle questioni più dibattute della politica contemporanea: la trasformazione dei modelli di rappresentanza e la crescente influenza dei populismi nel contesto europeo.

La tesi di Chenaux, partendo da un articolo di Matthijs Rooduijn in merito ai populismi (pubblicato nel 2018 sul Guardian), tenta di dimostrare come il populismo abbia rimodellato in pochi anni il linguaggio e la grammatica della politica in Europa.

Uno degli esempi italiani più affini a quanto sopra è riscontrabile nell’esperienza targata Lega – Movimento 5 stelle del Governo Conte I; esperienza, quest’ultima, che andrebbe nomenclata sotto la definizione più audace e tendenzialmente pura di “laboratorio populista”.

L’Italia, in pratica, è tradotta come uno spazio politico fluido in cui il populismo non solo prospera, ma in cui è diventato forma di governo.

In Germania, invece, l’ascesa senza precedenti dell’AfD e l’emergere di nuove forze come il BSW di Sahra Wagenknecht sono fenomeni che indicano un’espansione del populismo anche nei contesti tradizionalmente più stabili.

E nella comparazione italotedesca il populismo apparrebbe quasi come un dispositivo permanente di mediazione tra crisi istituzionale e consenso popolare.

Ma il populismo di cui parla l’autrice si declina in base alle architetture istituzionali e alle culture politiche nazionali. Non può parlarsi, quindi, di populismo europeo, ma di populismi in Europa.

Chenaux, inoltre, non limita l’analisi solo all’aspetto geografico (pur tenendo ferma la direttrice binaria Italia-Germania come questioni politologiche più importanti), ma evidenzia le c.d. quattro “fratture” europee (politica, culturale, economica e sociale) che porterebbero a ridefinire i sistemi partitici tradizionali; ciò riflettendo una crisi più profonda dello Stato-nazione.

Per chi vuole comprendere come i populismi si stanno facendo strada nelle democrazie europee, certamente, il testo in questione offre uno spaccato di riflessione che fa percepire come i populismi stessi stiano plasmando, a volte silentemente ed a volte prepotentemente, il nuovo rapporto popolo-democrazie nazionali. In questo quadro di cose un grande ruolo lo giocano, non a caso, le crisi del concetto Stato-nazione.

Il libro di Camille Chenaux non offre soluzioni facili, ma fornisce strumenti interpretativi solidi. È un testo, quindi, che invita a pensare il populismo senza demonizzarlo in quanto tale ma ad osservarlo per quello che è dal punto di vista politologico. Non è un manifesto politico, né un atto d’accusa, ma un esercizio di comprensione critica di uno dei fenomeni centrali del nostro tempo.

In definitiva, Crisi dello Stato-nazione e populismi europei è una lettura consigliata a chi vuole andare oltre le etichette e interrogarsi sulle trasformazioni profonde della democrazia europea a costo, però, di accettarne le contraddizioni.


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