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Vi spiego perché lo shutdown ha cambiato il Partito repubblicano. Parla Pelanda

Non ci sono sconfitti né vincitori dopo l’accordo temporaneo sul tetto del debito raggiunto tra democratici e repubblicani. Il punto di incontro è solo il primo passo di una lunga trattativa politica consueta nel sistema politico statunitense. Questa la valutazione di Carlo Pelanda, esperto di relazioni internazionali ed editorialista del Foglio e di Libero.

In un’intervista con Formiche.net, l’analista spiega che il Tea Party, la corrente più radicale del Partito repubblicano, aveva provato a mettere in atto una strategia di pressione sul presidente Barack Obama. L’idea era di costringere il capo di Stato a rivedere radicalmente la sua riforma sanitaria e dimostrare come i repubblicani fossero “gli unici capaci a guidare il Paese”.

Il fallimento era un’ipotesi impensabile. “Dopo aver raggiunto questo accordo in una situazione di sostanziale pareggio, forse in casa repubblicana si proverà a marginalizzare i radicali del Tea Party”, spiega Pelanda, che ora intravede un rinnovamento del Partito repubblicano.

La montatura mediatica
Sui giornali negli scorsi giorni si scritto di tutto: arrivato il 17 ottobre l’America sarebbe sprofondata nel default, trascinando con sé il sistema finanziario ed economico del resto del pianeta. “Non esiste un default americano. Le possibilità sono solo di un 0,001%. Si sapeva che sarebbe andata a finire così. Lo scenario di un fallimento è stato creato dai giornali”, aggiunge Pelanda.

L’esperto spiega che i giornalisti sono stati utilizzati per promuovere, attraverso le informazioni date, alcuni movimenti di Borsa. “Ma solo a basso livello. Gli attori più evoluti del mercato non decidono sulla base di ciò che scrivono i giornali, ma valutando direttamente. Bisogna stare attenti al sensazionalismo, soprattutto quando ci sono soldi di mezzo. Si aiutano solo i furbetti”.

Le fratture tra i repubblicani
Il Partito repubblicano poteva uscire da questa prima fase di trattativa politica in maniera compatta o divisa. Nonostante il gruppo sia ai mini storici degli ultimi 20 anni (24% dei consensi tra gli americani), Pelanda crede che questo non abbia un significato importante. “Sono stati più forti i centristi. Ora i repubblicani dovranno trovare e rilanciare personaggi nuovi e forti per cominciare da subito la campagna elettorale verso le presidenziali”, sostiene l’analista.

Le trattative del futuro
“In America molto probabilmente non ci sarà default ma quasi sicuramente ci saranno altri shutdown della durata di 10-15 giorni. Negli Stati Uniti è normalissimo. Serve anche a ricordare agli impiegati pubblici che vengono pagati dallo Stato federale”, spiega Pelanda. “Sull’Obamacare i repubblicani dovranno cedere. Ormai c’è”. L’analista crede invece che i repubblicani cercheranno di far cedere il presidente su altri fronti. In America le trattative politiche (a sfondo economico) sembrano solo all’inizio.



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