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Vi spiego il vero problema di Nichi Vendola

Il punto non è il desiderio di Nichi Vendola di avere un figlio che troneggia in questi giorni sulle prime pagine di giornali, di sinistra come conquista democratica, di destra come minaccia agli italiani intenzionati a votare Pd&Co. alle prossime elezioni. Per Onofrio Romano, docente di sociologia all’Università di Bari e autore del saggio “Le fabbriche di Nichi. Comunità e politica nella postdemocrazia” (Laterza, 2011) “la questione dei diritti civili dovrebbe essere quasi data per scontata in una forza di sinistra”.
 
Il punto non è neanche la “compatibilità” di programma richiesta dai cattolici del Pd capitanati da Beppe Fioroni ai partecipanti delle altre forze politiche alle primarie attraverso una lettera a Pierluigi Bersani. Secondo Romano, “le incompatibilità non sono tra Vendola e il Partito democratico quanto all’interno dello stesso Pd. Le proposte del leader di Sel incontrano invece molto successo alla base e al vertice del partito. Il lavoro in corso è quello di rifare l’Italia”. Non è un crimine poi, ritiene Romano, immaginare un accordo post-voto, se i numeri della coalizione Pd-Sel non basteranno, con l’Udc perché “la politica è anche questo. Basta fare chiarezza sulle modalità del patto”.
 
Il vero punto, spiega l’esperto di “narrazioni vendoliane”, è che è “cambiato il modo di fare politica di Vendola e quindi dovrà necessariamente cambiare ora anche il posizionamento del suo partito.” Il presidente della Regione Puglia, spiega Romano, “è stato per lungo tempo il campione di una sinistra estremista, il grande ribelle che voleva superare tutti i codici in nome di una verità e autenticità della politica. In questa fase invece i suoi tratti da ‘cavallo vincente delle primarie’, cioè quelli più populisti, si sono fortemente sfumati. È stato superato dai grillismi, quello di Grillo e a destra quello di Renzi, da una forma di politica che lui stesso ha utilizzato per molto tempo ma in cui ora non si identifica più. E’ come se avesse coltivato delle idee che ora disconosce. La sua battaglia adesso è da dentro il sistema”.
 
Ma in questo modo, aggiunge, “ha anche seminato vento e raccolto tempesta. Il suo attuale rispetto per i partiti e le istituzioni della democrazia viene tacciato per moderatismo. E così nella base del suo partito, basta dare un’occhiata ai commenti dei suoi sostenitori sulla sua pagina di Facebook, regna il malcontento. È una realtà importante la sua – conclude il professore – perché dimostra che si possono cambiare le cose, essere innovatori anche da dentro gli avamposti della democrazia. E questa è sicuramente la via giusta”.


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