Skip to main content

Perché Ingroia & Co. incutono paura

Questione di punti di vista. Le continue divergenze nella magistratura, a seguito soprattutto della trattativa Stato-mafia, sono state definite dall’avvocato Giovanni Pellegrino come “dialogo proficuo”. Di tutt’altro avviso è Giuseppe Gargani, europarlamentare dell’Udc e autore del libro “In nome dei pubblici ministeri” (Mondadori, 2012), che esprime tutta la sua preoccupazione a Formiche.net: “Temo che a questa fase di contestazione da parte di una magistratura garantista e in collegamento con alcuni partiti ne possa seguire una convulsa a livello istituzionale. Io non parlerei di dialogo ma di uno scontro che può portare a uno sfilacciamento e a una disgregazione del sistema”.
 
Secondo Gargani, questa patologia deriva da ragioni costituzionali che hanno portato negli anni la magistratura ad assumere una posizione anomala e di supremazia rispetto agli altri poteri. L’autonomia e l’indipendenza sancite dall’articolo 104 hanno finito per identificarsi, la prima è prevalsa sull´altra che invece richiama soprattutto alla responsabilità dei giudici. Essi sono diventati quindi un corpo separato dallo Stato e ciò non va nella direzione dell´unità costituzionale che è quella giusta. A tale questione se ne aggiunge un´altra e cioè la loro eccessiva politicizzazione che secondo il giurista è un dato oggettivo: “E’ difficile – commenta – che chi partecipa a una manifestazione politica possa essere il giorno dopo distaccato in aula”.
 
La ricetta di Gargani “per allineare la situazione italiana che è un unicum a quella europea e mondiale prevede riforme istituzionali come la separazione tra le carriere e alcune norme sul Consiglio superiore della Magistratura. Non si tratta di punire alcuni magistrati ma di andare incontro al desiderio di cambiamento della maggior parte della categoria”.
Solo così si potrà finalmente cancellare un errore giuridico, filosofico e umano che si è sedimentato nel nostro Paese: “il giudice non garantisce la legalità, ma reprime l’illegalità. Quando si erge ad autorità morale, come è successo nel processo all’ormai ex direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, deve far paura”.


×

Iscriviti alla newsletter