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Subbugli in Nord Africa. Benefici (e rischi) per l’Italia

Uno tsunami politico e sociale sconvolge il Nord Africa da più di un anno. Tutto è cominciato a dicembre del 2010 quando la Tunisia, dopo decenni di autoritarismo, è scoppiata. I tunisini non sono riusciti a tollerare la continua mancanza di crescita economica e il malessere sociale a cui erano confinati. A seguito della caduta di Zine el-Abidine Ben Ali è toccato il turno di Hosni Mubarak con la rivolta in Egitto. In questi due casi, non c´è stato il sostegno delle forze armate per cui sono sorte milizie armate e sono intervenuti i servizi segreti. In Libia il regime di Muammar Gheddafi non ha voluto cedere il potere e gli scontri sono degenerati in una cruenta guerra civile.
 
Invece in Algeria e Giordania lo scontento è stato controllato. Anche se le repressioni che si sono presentate contro le manifestazioni popolari nello Yemen prevedono una brutta fine anche lì. In Bahrein ha interceduto l´Arabia Saudita a favore della monarchia sunnita, nel ruolo di leader del Consiglio di Cooperazione del Golfo, ma la situazione è una bomba ad orologeria. In Siria la resistenza del regime di Bashar al-Assad diventa sempre più violenta, con l´aumento delle denunce per crimini contro l´umanità.
 
Fin dalla sua creazione, l´Unione europea si è impegnata attivamente nell´incentivare le riforme politiche a favore dei Paesi arabi del Mediterraneo. Con una cooperazione a doppio flusso per uno sviluppo non solo in termini economici ma anche di benessere per la popolazione. Il compromesso per la prosperità dei vicini era contemplato del Processo di Barcellona nel 1995, ma l´arrivo di problemi come il terrorismo e l´immigrazione hanno spostato le priorità verso la sicurezza interna dei paesi europei.
 
L´opinione dell´analista Galietti
Basta dare uno sguardo alla cartina per capire che l´Italia è (pericolosamente) la più vicina al caos del Nord Africa. Il nostro paese è alle porte di un campo di battaglia di una guerra che non è ancora finita, anzi: in Libia regna lo scontento e l´incertezza, non esiste lo Stato di diritto.
 
Per affrontare questi rischi, e nonostante l´annuncio di tagli della riforma presentata da Giampaolo Di Paola (che in pratica riguarda un taglio nelle risorse umane), il ministero della Difesa ha investito 13,7 milioni di euro per l´acquisto di sei kit di armamento, che arriveranno tra qualche mese, tra cui droni armati, aerei capaci di bombardare senza pilota in grado di colpire obiettivi a terra operando a distanza. Su questa linea l´Italia diventerà il terzo paese – dopo gli Stati Uniti e la Gran Bretagna – proprietario di questa sensibile tecnologia di guerra.
 
Ma la vulnerabilità può trasformarsi in un´opportunità, “il caos del Mediterraneo può riportare al centro l´Italia”. Secondo Francesco Galietti, consulente strategico indipendente e research fellow della University of Georgia. Sul Foglio avvertiva che l´attenzione degli Stati Uniti verso l´Italia sarebbe aumentata. L´autore di “Alta pressione” (Marsilio-Formiche, 2011) crede che gli Stati Uniti non possano permettersi di perdere il mediterraneo per molte ragioni strategiche: delicati equilibri all´interno del mondo musulmano, in particolare tra i sunniti e gli sciiti, la tutela delle rotte marine, snodi in materia di telecomunicazioni e nei rapporti con l´Asia minore, la Turchia e l´Israele.
 
Fondamentale in questo quadro è contare su un partner europeo. “Cartina alla mano, Washington dovrà scegliere tra Parigi e Roma. La Francia ha dalla sua leve potenti e una rete molto capillare di relazioni sul quadrante ovest del Mediterraneo, ma lascia scoperto l´est ed è tradizionalmente molto gelosa della propria autonomia”, sostiene Galietti. L´Italia, invece, è considerata un broker collaudato, secondo l´analista, nonché un ottimo partner su tre settori molto importanti per gli Stati Uniti: Balcani, Medio Oriente e Corno d´Africa. Ma sarà così importante il ruolo dell´Italia da aiutare Franco Frattini nella sua candidatura nell´importante poltrona internazionale nella segreteria generale della Nato?


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