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Le favolette (Mediobanca style) su La7

Il no di Alberto Nagel è stato netto, definitivo, come se a pronunciarlo fosse stato qualcuno che conta davvero. L’amministratore delegato di Mediobanca non ha ammesso repliche quando ha rifiutato a Mediaset l’accesso al cosiddetto information memorandum relativo a TiMedia, la rete tv editrice de La7 messa in vendita dalla controllante Telecom Italia sempre in affanno finanziario, malgrado il suo presidente, Franco Bernabé, si ostini a sostenere il contrario. Mediobanca della cessione è advisor assieme a Citi. Da quando è stata annunciata la decisione di offrire sul mercato la terza rete commerciale italiana, ci sono state alcune manifestazioni di interesse, la più rilevante delle quali è venuta da Sky, il colosso di Rupert Murdoch interessato a crescere in Italia. Per ultima si è fatta avanti anche la Mediaset di Silvio Berlusconi ed è a questa che Nagel, appunto nella sua veste di advisor, ha gridato il suo “no pasaran”.
 
Il motivo ufficiale? Eccolo: se avesse permesso ai manager del biscione di consultare quell’information memorandum, avrebbe messo un’infinità di informazioni riservate sull’azienda a disposizione di un concorrente, e il principale, avvantaggiandolo. Spiegazione accolta da applausi quasi unanimi dalla stampa di ieri, che ha salutato – da già che c’era – in Nagel il salvatore della libera concorrenza, avendo impedito all’avido biscione di mangiarsi la tenera 7, con il suo ghiotto ripieno al fior di Lerner, Mentana, Gruber. “Quella di Mediaset è solo un’azione di disturbo. – hanno commentato i commentatori che sanno commentare – E’ chiaro che l’antitrust non darà mai il suo ok a una fusione Mediaset-TiMedia”.
 
Perfetto. Bisognerebbe che qualcuno spiegasse a Nagel che Cappuccetto Rosso da anni ormai percepisce la pensione di vecchiaia, nel senso che le favole non piacciono più. Mediaset sa tutto quello che c’è da sapere su tutti i suoi concorrenti, così come tutti i suoi concorrenti sanno tutto di lei. E se entrambi vogliono sapere ancora qualcosa di più, assumono (strapagandolo) il controller dell’altro ed è fatta. L’information memorandum è un dossier vuoto, senza segreti, che serve solo a far pagare commissioni alle banche, agli advisor. “Già a luglio”, ha messo per iscritto ieri Mediaset in una nota, i dati avevano “sconsigliato qualsiasi qualsiasi impegno relativo agli asset in vendita”. Quindi l’astuzia di Nagel, per dirla con un eufemismo, è poco astuta.
 
Ma perché ha messo la propria firma sotto una simile ingenuità? Per conquistarsi il favore dei media e di una parte politica, è chiaro. L’amministratore delegato di Mediobanca è uscito a pezzi dalla vicenda del salvataggio del gruppo Ligresti, è stato accusato di aver favorito al di là di ogni ragionevolezza il vecchio costruttore e la sua famiglia dal giovanile appetito. Ha rischiato di rimetterci il posto e ancora oggi non si può dire che l’abbia scampata. In una simile situazione, i giornali plaudenti al paladino del pluralismo fanno comodo. Ed ecco la porta sbattuta in faccia platealmente.
Mediaset si è fatta avanti solo per fare un’azione di disturbo? Ma è ovvio, è naturale, solo un bambino, e di quelli che non vanno bene a scuola, potrebbe pensare il contrario. Ma l’azione di disturbo non consiste nell’andare a curiosare nei segreti di Pulcinella, ma nel rendere più costosa l’operazione agli altri candidati compratori, che sono suoi concorrenti. Insomma, il suo obiettivo è di far lievitare il prezzo della preda. Negli affari ci si muove così, che piaccia o meno.
 
Ma allora questa mossa di Mediaset, alla fine, era vantaggiosa anche per Mediobanca: quale advisor di Telecom Italia, dovrebbe mirare a ottenere il massimo dalla cessione di TiMedia. E questo dovrebbe pretenderlo anche Bernabé. E perché invece dovrebbe essere Nagel, un banchiere d’affari, a interessarsi di arginare un oligopolio tv ed evitare che si trasformi in monopolio? Non è mestiere dell’Antitrust, questo? All’amministratore delegato di Mediobanca si richiede che, nel pieno rispetto delle leggi e delle regole, faccia gli interessi della sua banca, dei suoi clienti e degli azionisti di entrambi. Di tutti gli azionisti.
Evidentemente a Nagel e Bernabé sta a cuore solo una categoria di azionisti, quelli che hanno voce in capitolo nelle nomine. Degli altri non sanno che farsene.
Caro Matteo Renzi, ce n’è in giro roba da rottamare.


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