Non è una soluzione definitiva sulle dispute che vanno avanti da decenni, ma l’accordo di cooperazione tra Cina e India siglato due giorni fa servirà almeno per evitare nuove tensioni come quelle degli ultimi mesi nelle aree di confine sull’Himalaya di cui reclamano entrambe la sovranità. Per usare le parole su Twitter di Paolo Salom, giornalista del Corriere della Sera ed esperto di Cina, si sono intesi per non provocarsi a vicenda nelle zone contese.
Ad esempio entrambi hanno convenuto nel non seguire o pedinare le pattuglie dell’altra parte vicino al confine, allo stesso tempo dovranno informare la controparte in caso di pattugliamenti, con il diritto però di chiedere chiarimenti in casi dubbi che potrebbero portare a confronti più serrati. O ancora sono da evitare l’uso della forza o le minacce nel caso i soldati dei due Paesi si trovino faccia a faccia.
L’accordo firmato al termine dell’incontro tra il primo ministro cinese, Li Keqiang, e il suo omologo indiano, Manmohan Singh, ha avuto come obiettivo mantenere la stabilità lungo la linea di controllo riconosciuta nel 1993, per evitare che le tensioni ai confini, abbiano ripercussioni sulle relazioni a più ampio spettro tra la prima e la terza economia asiatica. I due Paesi hanno inoltre deciso di istituire una linea di comunicazione su diversi livelli, che in futuro potrebbe estesa fino ai rispettivi ministeri della Difesa.
Nell’ultimo anno l’India ha più volte accusato i soldati dell’esercito popolare di liberazione di sconfinamenti. Ancora all’inizio di settembre il ministro della Difesa, A.K Antony, aveva dovuto smentire le indiscrezioni giornalistiche sull’occupazione cinese di 640 chilometri quadrati di territorio indiano e la notizia che i soldati cinesi stavano impedendo agli indiani di svolgere operazioni di pattugliamento. La prova della presunta prevaricazione cinese era un rapporto compilato dal National Security Advisory Board e consegnato al primo ministro lo scorso agosto.
Le tensioni erano ritornate a galla lo scorso aprile, quanto un contingente cinese era avanzato per circa 18 chilometri in territorio indiano ed era rimasto accampato per tre settimane. New Delhi aveva minacciato ogni soluzione per difendere i propri interessi e a giugno ha formato un corpo di 50mila uomini per proteggere il confine. L’area era quella di Daulat Beg Oldi, nel Ladakh e sullo sfondo c’erano, come tutt’ora ci sono, le irrisolte dispute territoriali e le questioni rimaste aperte dal conflitto sino-indiano del 1962.
“Servirà tempo per risolvere la questione”, ha detto il premier Singh a colloquio con il suo ospite. Dal canto suo Li Keqiang, ha definito quella tra Pechino e New Delhi, “la più importante relazione bilaterale al mondo”, tenuto conto che i due Paesi da soli contano oltre un terzo della popolazione globale.
Come scrive la Reuters, si tratta di un piccolo passo avanti in un rapporto fatto di legami economici e sospetto reciproco. L’obiettivo dei due Paesi è che l’interscambio raggiunga un valore di 100 miliardi l’anno entro il 2015. Tuttavia, l’anno passato, sottolinea il Financial Times, si è avuta una flessione del 10 per cento. La Cina era il principale partner commerciale indiano nel 2011, le esportazioni oltre Muraglia sono però calate nel 20 per cento. Quelle cinesi in India hanno invece fatto segnare un meno 5 per cento.
Scrive The Diplomat che l’accordo siglato da Singh sarà “un importante pezzo della sua eredità in politica estera”. Il prossimo anno l’India andrà al voto. Il candidato dell’opposizione nazionalista indù, Narendra Modi, è critico verso quella che considera un atteggiamento debole verso la Cina. Secondo Ankit Panda, se dovesse vincere si assisterebbe a una militarizzazione del linea di controllo. L’accordo può quindi essere un deterrente contro colpi di testa in futuri.