Chiarezza. È questa la parola d’ordine che da troppi mesi i mercati internazionali hanno cercato di far usare ai leader europei. È lecito affermare, con buone ragioni, che i mercati negli ultimi tempi hanno reagito eccessivamente facendo schizzare in alto lo spread sui titoli italiani e spagnoli rispetto ai Bund tedeschi.
Ma è altrettanto vero che per troppo tempo i leader europei non sono riusciti a fornire risposte chiare per fronteggiare la crisi del debito. Non fosse altro perché la chiarezza che i mercati chiedevano mancava tra gli stessi leader europei. Quelli del sud Europa, sempre più preoccupati dall’escalation della crisi, spingevano per misure straordinarie a livello europeo per salvare gli Stati in difficoltà – ovvero loro stessi – mentre quelli del nord Europa erano preoccupati di dover pagare il conto.
Dal Consiglio dello scorso giugno (e dopo vari altri incontri e decisioni) finalmente un po’ di chiarezza è stata fatta. Adesso quanto meno si sa qual è la potenza di fuoco dell’euro, ovvero quali strumenti l’eurozona può utilizzare per spezzare il circolo vizioso tra crisi del debito e crisi bancarie. Si tratta di un’arma con tre munizioni potenzialmente molto efficaci.
Anzitutto il Meccanismo europeo di stabilità (Mes), ovvero il Fondo salva-Stati permanente che potrà contare su una capacità di prestito effettivo di 500 miliardi di euro, non solo nei confronti degli Stati, ma anche per ricapitalizzare direttamente le banche in difficoltà. Un dettaglio tutt’altro che marginale in quanto permetterà di sgravare dai bilanci statali già in rosso il peso di eventuali ulteriori salvataggi delle banche in difficoltà.
E poi perché segna un cambiamento netto nella strategia di assunzione del rischio, non più limitata al ripagamento del prestito da parte di un Paese membro dell’eurozona, ma estesa anche al settore privato, ovvero quello bancario. La seconda munizione, il tanto atteso “scudo anti-spread”, permetterà alla Bce l’acquisto illimitato di titoli di Stato da 1 a 3 anni.
Uno strumento capace di attenuare la stretta su Paesi come l’Italia e la Spagna e di riportare lo spread sui titoli di Stato a livelli accettabili. Infine la terza munizione è rappresentata dal Single supervisory mechanism, (la supervisione bancaria comune) – affidata alla Bce – che dovrebbe costituire l’asse portante della futura unione bancaria. Finalmente quindi gli strumenti sono stati identificati e comunicati con sufficiente chiarezza ai mercati.
Ma queste munizioni sono davvero così potenti da sconfiggere la crisi? La risposta dipende da due variabili: l’implementazione degli strumenti identificati e la definizione dell’ampiezza della crisi stessa. Riguardo al primo punto molti aspetti tecnici, ma essenziali per definire l’efficacia degli strumenti identificati, vanno ancora finalizzati: con quale flessibilità il Mes interverrà per salvare gli Stati o le banche in difficoltà? Sotto quale condizionalità gli Stati potranno richiedere il soccorso della Bce sul mercato dei titoli? La supervisione della Bce riguarderà solo le grandi banche europee o si estenderà a tutte le 6mila banche dell’eurozona, incluse le tante e piccole casse di risparmio dei Länder tedeschi?
Riguardo invece all’ampiezza della crisi, va sottolineato che questi strumenti possono intervenire con efficacia a spezzare il circolo vizioso tra la crisi del debito e la crisi bancaria. In realtà la crisi dell’eurozona è molto più profonda e riguarda il potenziale di crescita dei suoi Paesi membri.
Per fronteggiare dunque la più ampia crisi economica dell’eurozona è necessario identificare ulteriori strumenti capaci di spronare la produttività del lavoro, di ridurre il costo del lavoro e, in ultima analisi, rilanciare la competitività internazionale dei Paesi che adottano l’euro.
C’è dunque finalmente chiarezza sulle munizioni su cui potrà contare nel prossimo futuro l’eurozona. Ma è essenziale che le misure adottate vengano implementate pensando alla loro efficacia e che queste siano accompagnate, anche e soprattutto a livello nazionale, da altre misure capaci di fronteggiare la crisi economica nella sua totalità. L’eurozona non può solo limitarsi ad aver fatto chiarezza sulla sua potenza di fuoco. Deve adesso impegnarsi al massimo per evitare che le sue munizioni siano a salve.