A dispetto di una certa visione cornucopiana del mondo, dove si favoleggia di crescita economica infinita e magnifiche sorti offerte da uno sviluppo tecnologico illimitato, l’analisi sui limiti critici planetari di Johan Rockstrom uscita su Nature nel 2009 o il libro di Jorgen Randers 2052 Scenari globali per i prossimi quarant’anni, indicano piuttosto un mondo in riserva, popolato da oltre sette miliardi di umani, stretto tra diminuzione di risorse, inquinamento e cambiamenti climatici. Non è questione di ottimismo o pessimismo, bensì di comprendere che se vogliamo evitare trappole ben previste, tocca mutare paradigma: da quello dell’abbondanza e delle alte potenze a quello dell’efficienza e delle basse intensità.
Ciò che conta è garantire buoni livelli di benessere evitando gli sprechi di energia e materia, che fino a ieri sono stati quasi assecondati come segno di ricchezza e di potere.
Si tratta di razionali visioni di futuro sostenute per esempio dall’Agenzia ambientale europea (Eea). Quindi il primo livello d’intervento è la lotta allo spreco, valutato in Europa in circa il 30% di tutto ciò che facciamo. Il secondo è la transizione alle energie rinnovabili. Ritengo che tutto ciò sia particolarmente pratico da realizzare in ambito domestico. Le nostre case sono oggetti arcaici quanto a gestione energetica: l’ultimo salto tecnologico che hanno visto risale ormai a un secolo fa, con l’arrivo dell’elettricità e dei riscaldamenti centralizzati (allora a carbone, oggi a gas e gasolio, ma l’impostazione è la stessa). È ora di applicare l’ingente patrimonio di conoscenza acquisito dalla fisica tecnica e dall’architettura bioclimatica per una nuova rivoluzione.
Isolamento termico di pareti, tetti e serramenti, installazione di pompe di calore, climatizzatori ad altissima efficienza, collettori solari termici e pannelli fotovoltaici, monitoraggio e controllo computerizzato dei consumi con trasmissione su telefoni mobili, case passive, case a energia zero, rappresentano oggi un universo di opportunità ancora poco esplorate e poco sfruttate.
Un progetto nazionale che guardasse a questo tema strategico otterrebbe più risultati con un solo investimento: minori emissioni climalteranti, minori spese individuali, minore spesa energetica con l’estero, riqualificazione estetica delle periferie, creazione di posti di lavoro distribuiti capillarmente sul territorio e non delocalizzabili, maggior resilienza collettiva di fronte all’aumento della bolletta energetica (misure contro la precarietà energetica), maggior comfort. È raro trovare una tale convergenza di interessi e pluralità di risultati. Perché allora, nonostante se ne parli da anni, e nonostante qualche misura di incentivazione come lo sgravio fiscale del 55%, questo piano arranca e non diviene la vera priorità di un governo saggio e al passo con i tempi? Il bivio epocale che ci sta di fronte determinerà la risposta che i cittadini di domani potranno dare a questa domanda: se si sceglierà di rimanere sulla vecchia strada,
sarà semplicemente per stupidità.
di Luca Mercalli
Presidente Società meteorologica italiana onlus
Articolo pubblicato sul numero 82 della rivista Formiche