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Castro è morto. Anzi no. La parola ai blogger cubani

Fidel Castro è morto. Ancora una volta. Da giovedì scorso ci sono voci sulla scomparsa del Líder Máximo. Il blogger castrista Yohandry Fontana ha riportato dichiarazioni del figlio di Fidel, Alex, che assicurano che l’ex presidente sta bene, “facendo le sue solite attività: leggere, studiare e fare sport”. Così sono state smentite le voci sulla morte cerebrale di Fidel. La scomparsa fisica e definitiva. Perché quella psicologica è già avvenuta da luglio del 2006, quando dopo un intervento chirurgico (non si è ancora capito di che cosa e dove) ha lasciato l’incarico da presidente a suo fratello Raúl e non si è fatto più vedere.
 
Mentre per Yohandry, unico blogger vicino al regime dei Castro, Fidel è e resterà sempre presente nella quotidianità e nella storia dei cubani, altri blogger più critici sostengono che la vita senza il comandante barbuto è già andata avanti. Alla domanda cosa rappresenta per voi la figura di Fidel Castro, lo scrittore cubano Orlando Luis Pardo Lazo, autore del blog “Lunes de Post-Revolución” ha detto: “Come nel finale di un romanzo un po’ mistico e un po’ storico di Anatole France, la mia risposta è parca: Fidel, quale Fidel? Scusi, è passato troppo tempo e la memoria comincia a tradire il vissuto”.
 
Un meccanismo di rimozione, di ironica difesa quella del giovane oppositore, vincitore del premio letterario Kakfa 2009. Ma è un pensiero condiviso da tanti sull’isola. Gli anni della “rivoluzione cubana” continuano a essere troppi. Un tempo fermo sotto un sistema di controllo assoluto, sotto uno stesso regime e con un solo uomo al potere, con troppe limitazioni ideologiche e logistiche. Come nella Germania dell’est raccontata nel film “Das Leben der Anderen” (La vita degli altri), che è stato ribattezzato con sarcasmo dai cubani: “La vida de nosotros” (La nostra vita).
 
È dello stesso avviso Yoani Sánchez, filologa e anima del blog “Generación Y”, arrestata quando voleva partecipare al processo sulla morte del dissidente Osvaldo Paya perché era considerata “una reporter clandestina del quotidiano El Pais di Spagna”, è stata rilasciata dopo 30 ore. Per la blogger “è necessario superare l’era del Líder Máximo, anche prima della sua morte”.
 
In un articolo pubblicato sul Washington Post, Sánchez ha scritto che volevano ricordarlo come qualcosa del passato, come un modo nobile per dimenticarlo. Secondo la blogger molti erano anche disposti a perdonargli gli errori e i fallimenti per collocarlo su qualche piedestallo nella storia del XX secolo, dove il suo volto – ritrattato nel suo ultimo migliore momento – già appariva vicino a quello dei morti illustri. Ma Fidel Castro non si è accontentato, sostiene Yoani: “Giunto prossimo all’epilogo, è riapparso malato ad annunciare la fine del mondo. Convinto forse che il mondo senza Él (Lui), come gli piaceva essere chiamato, sia vuoto di senso. Ma a Cuba, anche prima della sua scomparsa, la vita era già continuata”.
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