In alcuni giochi di carte, fra due o due coppie di giocatori, quando si corre il rischio di favorire l’avversario esiste una regola – quella dello spariglio – che consente di rimettere in sesto la partita obbligando l’avversario a riordinare le idee, a tenere bene a mente le carte già giocate e valutare più attentamente quelle che rimangono in mano allo sfidante per non restare soccombente. Conosco autorevoli politici italiani, giunti anche ai massimi livelli istituzionali, che ricorrono allo spariglio tanto nei giochi di carte che in politica, riuscendo a prevalere dopo avere messo in difficoltà avversari o amici meno abili.
Lo spariglio non è un bluff come nel poker, dove si azzarda alzando la posta anche senza avere carte più alte come si lascia intendere agli altri concorrenti. Lo spariglio è anzitutto una sfida a se stessi, alla propria abilità tecnica, alla propria memoria: non è una carta disperata, bensì ponderata e commisurata alle carte già comparse nel gioco effettuato. In politica è la stessa cosa. Non si azzarda a sparigliare solo perché si può, diversamente, essere obbligati a fare vincere l’avversario. Con lo spariglio si ricorre ad una mossa imprevista e poco prevedibile che, però, ribalta un punto di svolta difficile della partita e, se accompagnata da altrettanta abilità dal compagno di gioco, può portare alla vittoria finale.
In vista di una prova elettorale che si presenta confusa quanto mai, priva di indicazioni programmatiche credibili, ricca di pretendenti senza arte né parte e di concorrenti che davvero si elevino sugli altri (salvo che nelle ambizioni personali, legittime quanto eccessivamente pretenziose), Berlusconi ha improvvisamente giocato allo spariglio. Ha messo in gioco se stesso, sfidando altri, in particolare l’Udc di Casini, a convergere sull’obiettivo comune di non accontentarsi di un risultato qualsiasi, ma di battersi al fine comune di non fare vincere la sinistra (alquanto bollita) alleata con un’estrema sinistra che ha assunto l’egemonia di questo schieramento nella prova generale delle amministrative di Milano, Genova, Palermo e parecchie città minori.
Con l’imprevista mossa, Berlusconi ha gettato scompiglio ulteriore nel proprio campo, sempre più disarticolato e in flessione progressiva nei sondaggi. Ma soprattutto ha creato panico nel campo avversario: nel quale manca totalmente una linea identitaria capace di dimostrare che quello schieramento possa costituire davvero una forza di governo capace di governare soprattutto la crisi economica, non risolvibile col propagandismo burocratico-demagogoico e imporre, all’intera politica, serietà, sacrifici, onestà.
Al momento l’Udc non ha potuto respingere aprioristicamente lo spariglio. Può cautamente andare a vedere se il gioco berlusconiano derivi da convinzione o da tattica dilatoria (che sarebbe peraltro suicida). Ma è stata gettata sul tappeto verde della politica una carta che l’Udc dovrà comunque valutare con intelligenza; e che peraltro lancia ampi appigli a quegli elettori delusi sparsi nel mare delle astensioni, non però sino al punto di favorire la sinistra improvvida e spendacciona che, sospinta dalla Fiom, ha fornito il maggiore contributo all’impoverimento dell’Italia.