Lo stop alla fusione Bae System-Eads dovuto al veto tedesco agita lo scenario dell’industria e della politica europea (circolano addirittura rumors su possibili dimissioni dei due ceo, Jan King e Tom Enders, segno di una deontologia professionale in via d’estinzione) e pone alcuni interrogativi.
Innanzi tutto chiediamoci se si tratta di una scelta tattica o strategica. I rapporti di collaborazione anglo-francesi nel settore dell’industria e della difesa esistono da alcuni anni e proseguiranno con o senza il coinvolgimento di Eads. Questo è di per se stesso un elemento di riflessione per gli altri paesi e per l’Italia in particolare che, come già ricordato, ha in Inghilterra interessi importanti e consolidati.
Alcuni commentatori ipotizzano oggi che in realtà la decisione tedesca sia stata dettata dalla contingenza elettorale, quindi rivedibile, anche perché i rapporti fra le due società sono molto più avanti di quello che si immagina. Quindi, tenendo conto degli accordi di cui sopra, è prevedibile che prima o dopo si possa riparlare di simili operazioni a meno che altri fatti non cambino ulteriormente lo scenario.
Ci riferiamo alla possibilità che la riconosciuta debolezza di Bae System non spinga gli inglesi a cercare altre possibili alleanze. Bae, infatti, soffre più di altri della contrazione dei mercati della difesa ed in particolare di quello inglese e non ha, affermano alcuni analisti inglesi, altri settori di business, civile in particolare, con cui riequilibrare la sua presenza sul mercato (forse ciò fa riflettere qualcuno su il significato di dismissioni affrettate e prive di visione strategica?).
Senza dubbio la tentazione americana si farà strada in diverse stanze londinesi ed oggi negli Usa lo stop alla fusione viene vissuto con malcelata soddisfazione.
Una possibile fusione anglo-americana rappresenterebbe un fattore molto negativo per l’industria europea nel suo insieme, anche per il coinvolgimento di Bae in moltissimi programmi (l’Eurofighter per esempio) e in particolare per l’industria nazionale che anche in questo caso verrebbe esclusa dai giochi.
Un Europa che, del resto, non è mai riuscita a elaborare una visione comune della difesa e della sua industria al di là di proclami e intenzioni. Lo stesso asse Uk-Francia né è una riprova in quanto esclude gli altri paesi.
La situazione allora appare complessa ma non priva di opportunità: una proposta seria e credibile del nostro paese nei confronti di Bae e un collegamento con i diversi interessi che Finmeccanica e Bae stessa hanno negli Usa, potrebbe essere interessante. Non dimentichiamo che le due aziende erano state nel passato molto vicine ad accordi nel campo dell’elettronica per la difesa (Eurosystem), non andati in porto e conclusisi con l’acquisto di alcuni asset elettronici inglesi da parte della stessa Finmeccanica, oggi la seconda industria del settore in quel paese.
Serve però una politica estera indipendente del nostro Paese, che non tema confronti con gli altri partner europei a tutela dei nostri interessi.
Serve poter contare su un’industria nazionale qualificata e soprattutto “credibile”, in grado di sviluppare una strategia industriale degna di questo nome.
Quindi ancora una volta lo scenario che abbiamo di fronte esige capacità d’analisi e precise scelte di politica estera e industriale da parte del nostro governo. Possiamo farlo?
Nicolò Tivoli