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Si pregano i giornali on line di non invocare pure loro i regali di Stato…

Ci sono degli abbinamenti che stridono. Che so, una spruzzata di parmigiano sugli spaghetti all’astice, un coro degli alpini a una regata, una pacca sul sedere a un riccio. A me fa lo stesso effetto vedere assieme le parole Rete e on line con i termini erogazioni, facilitazioni pubbliche. Ed è con questo spirito, con questa premessa di valori come diciamo noi ventenni del ’68, che cerco di dare il mio contributo all’inchiesta-dibattito di Formiche.net sulla pubblicità cosiddetta istituzionale.

Sotto questa voce vanno gli annunci relativi a bandi, decisioni giudiziarie, concorsi, gare d’appalto, iniziative pubbliche di vario genere e via dicendo. Una voce stimata da Formiche.net in 85 milioni annui destinata, a mio avviso, a salire e di molto se si aggiunge anche il capitolo delle comunicazioni societarie obbligatorie. Si tratta di un mare magnun di informazioni, per lo più di scarso o nullo interesse per il grande pubblico, che deve trasformarsi in pubblicità a pagamento e, fino a poco tempo fa, si traduceva in un vantaggio esclusivo per la carta stampata. Di fatto un sussidio che questa riceveva e riceve, non per le sue capacità mediatiche, ma per un obbligo di legge. In poche parole, l’inserzionista (pubblico e o privato) di quella pubblicità farebbe volentieri a meno, è un costo superfluo, un balzello al quale però non può sottrarsi.

Ora, come ho letto sempre su Formiche.net, una disposizione del 2009 “ne prevede il trasferimento graduale sulla Rete” con sostanziosi risparmi per gli inserzionisti, dato che la pubblicità su web è infinitamente meno costosa della cartacea. Ma, lamenta il giornale on line che mi ospita, questo travaso in realtà non avviene se non con il contagocce, essendo fortissima la posizione lobbistica dei grandi editori di quotidiani cartacei che ovviamente si oppongono.

Conclusione cui giunge Formiche.net dopo aver illustrato tutti gli intoppi politici-legislativi: bisogna dare efficacia alla legge del 2009, in modo che la pubblicità istituzionale venga ripartita in maniera più equa fra media on line e media tradizionali, non essendo neppure giusto ignorare i successi dei primi e l’inesorabile decadenza del secondi.

E su questo io manifesto il mio totale disaccordo. Bisogna, invece, che la pubblicità cosiddetta istituzionale scompaia, che non sia più obbligatorio farla sui media. Si dirà: e l’informazione al mercato? Rimane, ci mancherebbe. Ogni ente locale, tribunale, amministrazione, società quotata, eccetera pubblicherà sempre obbligatoriamente quanto deve comunicare al pubblico sui propri siti, o su siti istituzionali (Gazzetta Ufficiale, Consob e via dicendo). Punto e basta.

La Rete è espressione di quanto vi è di più moderno al mondo, è il simbolo stesso della globalizzazione, il luogo della competizione vera. E ora va a caccia di sussidi, sostegni (chiamiamo le cose con il loro nome) come i trogloditi capitalisti italiani incapaci di competere, ma abilissimi nello scrocco? Se neppure i giornali on line ce la fanno ad andare avanti senza aiutini e favori, se non riescono a trovare un modello di business vincente, allora lasciamo perdere anche loro: vuol dire che non valgono molto più dei vecchi e morenti cartacei.

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