Skip to main content

L’appello di Siciliotti: Grilli, ora basta con la clava fiscale

Tre meno. Non è il voto al governo Monti, ma le richieste che si apprestano ad avanzare all’esecutivo i commercialisti. Da giovedì 25 ottobre, per tre giorni, i dottori commercialisti si danno appuntamento a Bari per il terzo congresso della categoria. Claudio Siciliotti, presidente del Consiglio nazionale, anticipa a Formiche.net i tre meno: “Chiediamo meno spesa pubblica, meno imposte e meno debito pubblico”. Facile a dirsi. E comunque il governo più di un passo nella diminuzione della spesa pubblica, anche con la spending review, l’ha compiuto: “Sì ma non basta. E ci sono ampi margini per incidere sul moloch della spesa pubblica; è ancora troppo diffuso il parastato in questo Paese”.
 
Basta con bastoni e clave
Il taglio ulteriore alle uscite della pubblica amministrazione, per Siciliotti, “è la premessa per poter ridurre la pressione fiscale”. Infine, serve (“a prescindere”, dice) intaccare lo stock del debito pubblico”. “Serve – dice il presidente dei commercialisti in un ambito congeniale – meno bastone sui contribuenti”. Il governo però combatte evasione ed elusione fiscale. “Giusto. Però servono regole chiare, equità e un consenso sociale”. Si spieghi meglio. “A noi sembra che si stia esagerando con il bastone e con eventi a volte spettacolari che con una serena azione di contrasto all’evasione fiscale. Ma forse – riconosce Siciliotti – il governo tecnico non aveva reali alternative al bastone vista la fame di entrate statali di cui aveva bisogno con la manovra Salva Italia”. “Ricordo – aggiunge il presidente dei commercialisti – che con quella manovra sono stati racimolati venti miliardi”.
 
La crescita che non c’è
Comunque il governo ha avviato poi una fase due con i provvedimenti per la crescita: “Vero – riconosce Siciliotti – peccato che non è cresciuto né il Pil né si è ridotta la disoccupazione”. Il presidente ovviamente tiene conto del contesto internazionale ed europeo composto di recessione, redditi calanti e consumi stagnanti, e con finanze pubbliche dedite essenzialmente all’austerità. Siciliotti però insiste: “Tutto giusto quanto approvato dal governo, spesso però solo nei titoli e nella forma, invece che nei contenuti e nella sostanza. Un discorso che vale in particolare per liberalizzazioni e semplificazioni. Infatti la crescita reale non si è vista”. Che cosa consigliate allora? “Una robusta riduzione della tassazione sul lavoro e sulla produzione”.
 
Come ridurre spesa e imposte
Entriamo nei dettagli: “Da uno studio che presenteremo a Bari dimostreremo che tra il 2000 e il 2011 la spesa pubblica è cresciuta in termini reali di circa 124 miliardi, altro che tagli vantati da un decennio…”. E quindi? “Quindi noi riteniamo si possa tagliare la spesa di almeno 60 miliardi e coprire in tal modo riduzioni di entrate per lo stesso importo. Sino a oggi siamo a meno di dieci miliardi di tagli”. Secondo Siciliotti, i 60 miliardi andrebbero utilizzati per sterilizzare l’Irap sul settore privato (24 miliardi), scongiurare integralmente l’ulteriore aumento dell’Iva (16 miliardi, parte dei quali già racimolati dal governo) e dimezzare la tassazione sugli utili delle imprese “labour intensive” (20 miliardi), ossia quelle che “spendono” almeno la metà del loro fatturato in remunerazioni e compensi per dipendenti e collaboratori.
 
La rielezione contestata
La scorsa settimana Siciliotti è stato confermato presidente dell’Ordine nazionale dei dottori commercialisti. Lo spoglio delle schede si è concluso nella notte. Il numero uno uscente vince con 364 voti, 6 preferenze in più rispetto alla lista guidata da Gerardo Longobardi. Nel Consiglio nazionale è eletto anche il presidente dell’ordine di Napoli, Achille Coppola. La vittoria di Siciliotti, però, è contestata da Longobardi. La pietra dello scandalo sono le 16 preferenze espresse dagli ordini di Bari ed Enna (14 il primo e 2 il secondo tutte a favore di Siciliotti). Secondo Longobardi, infatti, quei voti non andavano conteggiati visto che il “presidente in entrambi i consigli è dimissionario e la legge parla chiaro: i voti non andavano espressi”. Per Siciliotti, invece, “è l’ennesima puntata surreale di una campagna elettorale che mai avrei creduto di ritrovarmi, mio malgrado, a vivere: gli ordini interessati non sono stati commissariati dal ministero della Giustizia e quindi i voti espressi da 14 consiglieri eletti da oltre 3.000 colleghi devono essere conteggiati e ci mancherebbe altro”. Tocca ora al ministero della Giustizia ratificare o meno il risultato elettorale

×

Iscriviti alla newsletter