Chissà se l´ha scelta lui personalmente quella frase che accompagna il libro, o ce l´ha messa lì un redattore della casa editrice con poca memoria storica. “La ricreazione è finita”, è infatti scritto a spiegazione dell´ultima impresa letteraria di Carlo De Benedetti, in arte (ma quale arte, esattamente?) l´Ingegnere: “Mettersi in gioco”, Einaudi editore, collana Le Vele, 88 pagine, 10 euro. Da poche ore nelle librerie.
Ed è la frase più inopportuna che si potesse scovare per abbinarla al finanziere-imprenditore torinese che per anni ha riempito tante pagine di cronaca con le sue scorribande sui mercati, in Italia e fuori. Una frase legata a una delle sue sconfitte più brucianti.
Il copy-right è di Charles De Gaulle, inventore delle Quinta Repubblica francese. La pronunciò nel 1968, quando i protagonisti di quel maggio dal sapore più casinista che rivoluzionario incominciavano a essere un po´ stanchi e avevano voglia di vacanze. Lui, il Generale, fece circolare qualche carro armato nei boulevard di Parigi e disse, appunto, che il tempo della ricreazione era scaduto e gli studenti dovevano tornare in classe, andare a casa o comunque levarsi dai piedi. Così il potere costituito si riprese strade e piazze, e il maggio Sessantottini finì lasciando pochi rimpianti.
La boutade piacque moltissimo al Nostro che la fece sua. Era il 1988 e lui si lanciò in una scalata alla Société Générale de Belgique, detta la vecchia signora, un concentrato di potere finanziario e industriale che rappresentava un terzo circa del pil belga. La presiedeva il visconte Etienne Davignon, membro un po´ trombone della vecchia aristocrazia europea (suo padre era stato ministro degli esteri di Bruxelles). Lui era anche Commissario Ue e uomo potente nell´establishment franco-belga. Per la conquista della Sgb si scatenò una guerra fra gli assalitori italiani e i belgi in trincea: ciascuno rastrellava a suon di miliardi tutte le azioni circolanti per arrivare al controllo.
Quando fu convinto di avere la maggioranza, CdB comprò una scatola di gianduiotti di Peyrano, famoso marchio di cioccolato torinese ora passato a un proprietario napoletano, e la portò come gentile omaggio a Davignon al quale aveva chiesto appuntamento. Prima aveva dichiarato ai giornali quella frase gaullista che si era stampato nella memoria, pronta per una grande occasione: “Vado ad annunciare la fine della ricreazione”.
La risposta del visconte fu gelida quanto efficace: “Noi belgi abbiamo la fama di non essere tra i più svegli d´Europa. Però sappiamo contare fino a 51”. E in affetti, all´assemblea della Sgb, risultò che De Benedetti e i suoi potevano contare solo sul 49 per cento delle azioni. I belgi avevano vinto. Per l´Ingegnere-conquistatore fu uno schiaffo sonoro e plateale, che compromise irrimediabilmente la sua fama nella finanza internazionale.
Tutta questo per dire che De Benedetti, nella sua lunga carriera, si è sempre comportato un po´ come un Capitan Fracassa. Blitz, grandi annunci, attacchi a destra e a manca, eccetera. Ma poi, stringi stringi, non è che abbia lasciato un impero che sarà citato nei libri di storia. Di tutte le sue avventure (Gilardini, Fiat, Ambrosiano, Olivetti, polo alimentare, Sgb e via dicendo) è rimasta la Cir: una holding rispettabile gestita con cura ragionieresca dal figlio Rodolfo, per fortuna non affetto da megalomania. Insomma, una buona cosa, ma non la General Electric, tanto per dire.
Oltre a questo c´è la parte editoriale, Repubblica e l´Espresso, che sta nel cuore dell´Ingegnere. Negli ultimi tempi se ne occupa molto, essendosi scoperto anche una vena di scrittore-commentatore che già aveva dato di sé vaghi e precoci segnali in passato. Da notare che alcuni suoi articoli su temi politici, di megatrend economici compaiono di tanto in tanto sui giornali; ma non suoi suoi: l´Ing. preferisce il confindustriale Sole24Ore alle sue testate.
Un terreno neutro. Meno neutro è quello che ha scelto per pubblicare questo “Mettersi in gioco”. L´editore infatti è Einaudi. Gruppo Mondadori. Gruppo Fininvest. Gruppo Berlusconi. Sì proprio quel Silvio Berlusconi del quale è nemico giurato da decenni (hanno ancora aperta una vertenza da 500 milioni di euro).
Comunque De Benedetti non è il solo a subire questa attrazione verso Segrate: non ha saputo resistervi neppure il fondatore di Repubblica, Eugenio Scalfari, che ha affidato ai Meridiani, perché la tramandassero ai posteri, la sua opera omnia. I Meridiani sono appunto della suddetta Mondadori del succitato Berlusconi, odiatissimo anche da Scalfari. Misteri degli uomini potenti.
Comunque il libro ha contenuti politico-filosifico-sociali più che economici. Nella presentazione di copertina si legge: “Mai un intero paradigma produttivo, il nostro, era stato così fortemente messo in discussione come oggi, squassato dallo spostamento dell´asse mondiale della ricchezza. Enormi diseguaglianze e una guerra su scala mondiale per il lavoro ci hanno portato a una situazione peggiore rispetto agli anni Settanta. È doveroso, tuttavia, non arrendersi e cercare strade nuove, avere una capacità di visione. Possiamo farlo se dedicheremo ogni risorsa verso ambiziose opere di ricostruzione del futuro. Come in una partita a scacchi, dovremo poter contare su due buone torri d´attacco, un alfiere attento, e una regina che si svegli dal suo torpore…” E ci sarà anche un re? E per caso si chiamerà Carlo?