Si moltiplicano, da tempo, le polemiche su Internet. In particolare fa impressione un intervento di Umberto Eco, antico estimatore dei flussi del postmodern e delle loro possibilità, sulla mancanza di gerarchia nelle fonti del web. L’articolo, prendendo spunto dagli strafalcioni di alcuni studenti universitari, esamina il problema del “caos” delle informazioni nell’enorme dimensione della rete. Secondo Eco, perfino una voce di Nonciclopedia, noto sito satirico che scimmiotta la più famosa Wikipedia, potrebbe diventare, nelle mani di ignari consultatori, fonte di verità distorte, mentre un editore tradizionale può garantire plausibilità a quanto pubblica.
Lasciando da parte il fatto che gli strafalcioni degli studenti di tutte le epoche e di tutto il mondo sono un risaputo genere aneddotico, le obiezioni di Eco presentano punti deboli. Una gerarchia canonica non basa la sua forza sulla mera esistenza, ma soprattutto sull’autorevolezza e sul pubblico riconoscimento. Se l’accademia è stata per secoli il luogo del sapere istituzionale ciò accadeva perché era riconosciuta e legittimata come tale dall’intera comunità. Era il luogo di conservazione e diffusione della cultura di un intero popolo. Ogni volta che i campi del sapere sono mutati, le gerarchie si sono fluidificate ed elementi esterni al sapere istituzionalizzato hanno ricevuto attenzione e, successivamente, consacrazione. Il sapere orizzontale di Internet non fa che moltiplicare a livello planetario questa tendenza.
Se c’è bisogno di una élite che si incarichi di definire il sapere, anche all’interno del vasto mare del web, essa dovrà però confrontarsi democraticamente con una pluralità di centri di produzione e ricezione. La cultura non può più essere elaborata da un’oligarchia che la trasmette in modo unilaterale al resto della comunità, con buona pace della scuola gentiliana. È ingeneroso affermare che i dati palesemente falsi di Nonciclopedia possano essere scambiati per veri. Al medio utente di Internet è chiarissima la differenza fra Wikipedia e Nonciclopedia. Chi naviga su Internet si dota di un profilo individuale di interprete delle fonti, non le assume passivamente.
Democrazia e potere diventano termini irriducibili all’interno della costruzione dei saperi sul web. È inutile rimpiangere l’esistenza (peraltro presunta) di un luogo privilegiato che produca verità univoche grazie alla sua consacrazione tradizionale. Anche se esistesse su Internet esso avrebbe un’interazione con l’utenza molto più fluida e dovrebbe rendersi dunque molto più permeabile.
Il limite di Eco non è di criticare i problemi della democrazia nel web, che pure ci sono e sono gravi, penso ad esempio all’indicizzazione dei motori di ricerca, ma di dire che ce n’è troppa e che quindi andrebbe in qualche modo limitata, anche se non è chiaro chi dovrebbe poi fungere da controllore (l’università? Lo Stato? Il consorzio vini doc?). Il tema sottostante al dibattito su Internet e sul suo utilizzo è quello della coscienza democratica del Paese e del possibile rischio che, da sempre, è connesso all’esercizio delle libertà individuali. Un rischio che però tutti dovremmo preferire rispetto alla cristallizzazione autoritaria che ne sarebbe l’unica certa alternativa.
Indice delle cose notevoli:
* L’articolo di Umberto Eco sul “caos” di Internet: http://espresso.repubblica.it/dettaglio/che-casino-troppe-informazioni/2189205/18 * Il libro di uno dei molti catastrofisti del web: Nicholas Carr, Internet ci rende stupidi? Come la rete sta cambiando il nostro cervello, Milano, Raffaello Cortina, 2011
* Un recente intervento di Corrado Ocone sugli apocalittici della rete: http://www.formiche.net/dettaglio.asp?id=30611&id_sezione=
* Alcune riflessioni sulla gestione di strutture operative in rete: Ori Barfman, Rod A. Beckstrom, Senza leader. Da internet ad Al-Qaeda, Milano, Etas, 2007
* Un’intervista del Guardian a Sergey Brin, co-fondatore di Google sui tentativi di limitare la libertà nel web:
http://www.guardian.co.uk/technology/2012/apr/15/web-freedom-threat-google-brin