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Vinicio racconta l’abbraccio di Papa Francesco

“Prima gli ho baciato la mano, mentre lui con l’altra mi carezzava il capo e le ferite. Poi mi ha attirato a sé, abbracciandomi forte e baciandomi il viso. Avevo la testa contro il suo petto, le sue braccia che mi avvolgevano. E lui mi teneva stretto stretto, come coccolandomi, non si staccava più. Ho cercato di parlare, di dirgli qualcosa, non ci sono riuscito: l’emozione era troppo forte. E’ durato poco più di un minuto, ma a me è sembrata un’eternità. Dopo, mi sono girato verso la zia e le ho detto: Qua ghe aso le pene, Qui ci lascio le penne”.

È timido e parla in vicentino stretto Vinicio, la voce poco più di un sussurro per via di un’operazione alla gola. Ma l’emozione con cui racconta la carezza di Papa Francesco, in Piazza San Pietro, qualche giorno fa, risuona come le campane della chiesa di Isola, il piccolo paese in provincia di Vicenza dove vive con la sorella minore Morena in una casetta del Comune, luminosa e ben tenuta.

CHI È VINICIO

Cinquantatré anni, Vinicio, che di cognome fa Riva, è affetto dal morbo di von Recklinghausen. Una malattia molto rara, nota come neurofibromatosi di tipo 1, che provoca dolorose escrescenze (lui li chiama “gnocchi”, per via della forma e grandezza – ma alcune sono ben più grosse) su tutto il corpo. Anche Morena, 46 anni, soffre dalla stessa malattia. Ma mentre la sua è una forma lieve, quella di Vinicio è la più estrema. Le escrescenze gli coprono tutta la testa e il viso, tranne che per la guancia sinistra, che è invece deturpata come fosse passata attraverso il fuoco. La pelle di Vinicio ha perso tutta l’elasticità e si ripiega sul volto, coprendogli un occhio e allungandogli il mento. I piedi sono deformati e devastati dalle piaghe. Le escrescenze prudono moltissimo, specie sulla schiena. Non grattarsi è impossibile, e ogni mattina Vinicio si sveglia con la maglia di cotone zuppa di sangue. “I primi segni si sono manifestati dopo i quindici anni”, racconta. “Mi avevano detto che sarei morto a trenta. Invece sono ancora qui”.

Sono gente semplice, i Riva. Gente di una volta, che quando vai a trovarli è una festa. Morena, con l’aiuto della zia Caterina, loro tutrice, prepara le tagliatelle col ragù d’anatra, a tavola si apre il panettone, che qui chiamano focaccia. Vinicio, molto goloso, ne mangia due fette, mentre confessa una passione per i romanzi d’amore di Harmony; Morena mostra la sua collezione di dvd di Heidi. Dopo pranzo, ecco le foto della comunione: “Va’ che bel bambino che era”, fa la zia. Lui intanto racconta: “Le mani del Papa sono così morbide… Morbide e bellissime. E il suo sorriso limpido e aperto. Ma la cosa che più mi ha colpito è che non sia stato lì a pensarci se abbracciarmi o meno. Io non sono contagioso, ma lui non lo sapeva. Però l’ha fatto e basta: mi ha accarezzato tutto il viso, e mentre lo faceva sentivo solo amore”.

UNA VITA AI MARGINI

Inutile dire che i malati di neurofibromatosi sono spesso emarginati dalla società, a causa del loro aspetto. Vinicio, a suo modo, è stato fortunato. La zia, una piccola e rubiconda signora di 68 anni, sempre allegra, lo ama visceralmente e lo abbraccia di continuo. Racconta: “Quand’era bambino e andavamo in ospedale, capitava che in sala d’attesa qualcuno, vedendolo, si allontanasse impaurito. Allora io me lo mettevo vicino e me lo tenevo stretto. Per fargli capire, a lui e a loro”. E ancora, con una positività che spiazza: “A San Pietro Vinicio l’hanno messo tra i malati gravi perché l’hanno visto con la faccia così, ma lui non è grave. Non ha niente di grave, vero, Vinicio? Siamo andati giù in carrozzina solo perché tutte quelle ore in piedi in piazza, sai… Ma lui sta bene. Ha avuto tanti problemi (tantissime operazioni, tra cui anche una al cuore, un anno fa, ndr), ma adesso ha solo questa piccola condizione”.

Certo, gli ignoranti non mancano. “Una volta, sulla corriera, volevo sedermi davanti, vicino all’autista”, ricorda Vinicio. “Ma un passeggero mi ha detto: ‘Vai via, vattene in fondo tu, che mi fai orrore e non ti voglio vedere’. Nessuno, neanche l’autista, mi ha difeso. Anzi, molti passeggeri hanno preso le parti di quell’uomo. Mi ha fatto molto male”.

L’AVVENTURA A SAN PIETRO

L’idea di portare Vinicio a San Pietro è stata di Bianca, la volontaria dell’associazione cattolica Unitalsi che ogni anno lo accompagna a Lourdes. “Stiamo sempre una settimana, mi rilassa molto”, spiega orgoglioso Vinicio, che a Lourdes andava già da ragazzino, con la mamma, anche lei affetta dallo stesso male e morta due anni fa. Per malattie invalidanti come la neurofibromatosi, le cui terapie costano moltissimo, il volontariato è indispensabile. In Italia, di questi malati si occupano in particolare l’associazione Anf, la Linfa e l’Ananas. Anche la zia di Vinicio è impegnata come volontaria, e dal volontariato arrivano i vestiti di seconda mano per i due fratelli. “E anche se le pomate e le garze per sue le piaghe non passano più con la mutua come una volta”, dice, “in qualche modo facciamo. Abbiamo tante persone che ci aiutano e ci vogliono bene. Vero, Vinicio?”.

Nei casi più gravi la neurofibromatosi è così sfigurante che a volte perfino i medici si tengono a distanza. Racconta Vinicio: “Una volta, in ospedale, mi stavo spogliando quando è entrato un medico, di colore. Mi ha guardato e si è irrigidito, quasi sconvolto. Più tardi mi è venuto vicino e mi ha chiesto scusa. Ha detto che in Africa aveva avuto a che fare con malattie terribili, ma che non aveva mai visto niente di così devastante. Le sue parole mi hanno molto toccato”.

UN’INFANZIA DIFFICILE

Chi non lo ha trattato bene è stato invece soprattutto il padre. Che quando Vinicio era ancora un bambino, finita la quinta elementare, lo portava con sé a lavorare come muratore, e poi, quando Vinicio stava già male, lo costringeva a occuparsi di un allevamento di fagiani che aveva avviato su in collina, facendogli scaricare i sacchi di mangime dal camion nonostante il ragazzo camminasse con difficoltà. “Anche la notte non sentiva ragioni”, racconta Vinicio: “Se andava via la luce all’allevamento, ero io che dovevo andare. Anche se lui aveva la macchina e io solo una bicicletta”.

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