Sembra un paradosso rispetto ad altri paesi dell’Unione Europea (UE), ma nessuno dei ministri dell’agricoltura che si sono susseguiti nell’Italia repubblicana è mai stato favorevole a un confronto senza pregiudizi sugli organismi geneticamente modificati (OGM). Soprattutto per le specie vegetali o animali destinate al consumo o all’utilizzo da parte dell’uomo.
Alcuni degli ultimi ministri – Alfonso Pecoraro Scanio (2000-2001), Gianni Alemanno (2001-2006), Luigi Zaia (2008-2010), Mario Catania (2011-2013) – benché appartenenti ai vari schieramenti, non hanno mostrato differenze sostanziali circa gli OGM. Pecoraro Scanio viene in genere accreditato come il più ostile all’ingegneria genetica avendo inventato la proibizione della ricerca biotecnologica in questo campo – un’iniziativa che nessun altro paese ha ritenuto di dover prendere.
La ministra del governo delle larghe intese, Nunzia De Gerolamo (PdL), non ha fatto eccezione e ha confermato la regola, dimostrando l’appiattimento della classe politica su questo argomento. La De Gerolamo ha manifestato subito la propria posizione contraria ai transgenici. Dopo la sua nomina, si è verificato un fatto esemplare: un imprenditore agricolo di Pordenone, nel Friuli, Giorgio Fidenato, che aveva più volte in passato cercato di seminare mais transgenico (Mon 810) autorizzato dalla UE ed era stato ogni volta puntualmente represso e denunciato, ha presentato ricorso alla Corte di giustizia della UE. La Corte gli ha dato ragione in quanto uno stato membro non può impedire coltivazioni di OGM già autorizzate a livello comunitario. Forte di questa sentenza europea, Fidenato ha nuovamente tentato di seminare questo mais, agendo pubblicamente e informando i media. Nonostante ciò, la ministra non ha battuto ciglio, ha mandato un drappello del Corpo Forestale dello Stato a interrompere subito l’azione definita illegale.
A seguito di questi episodi, le organizzazioni anti-OGM hanno sollecitato una repressione generalizzata chiedendo al ministero di avviare la procedura per ottenere dalla Commissione il riconoscimento della cosiddetta clausola di salvaguardia, che consentirebbe di vietare a livello nazionale le coltivazioni contestate. La ministra giudica questo percorso difficile da percorrere con successo e pare che voglia tentare la strada di un decreto a tre firme (con la ministra della salute, Beatrice Lorenzin, PdL, e Andrea Orlando, PD). Ma – dicono i critici – questo potrebbe portare l’Italia a subire una nuova procedura di infrazione.
L’on. De Gerolamo è un avvocato ed è esperta di diritto civile, del lavoro, commerciale e bancario. All’atto della designazione a ministro (per la precisione, ministro per le politiche agricole, alimentari e forestali), ha ammesso di essere digiuna di esperienza agricola, ma ha ricordato di provenire da una famiglia di possidenti agricoli (in effetti, il padre è direttore del Consorzio Agrario di Benevento). La De Gerolamo ha idee precise sugli OGM in agricoltura:
– La nostra è un’agricoltura d’eccellenza, sana e pulita. L’immagine nel mondo non va sporcata. Proposito lodevole, ma fuori luogo. L’eccellenza, salubrità e pulizia non vengono garantite dal non essere OGM. Anzi. I casi di infezioni alimentari oppure la presenza di tossine nocive si verificano nelle piante coltivate da molto prima – secoli o millenni – della comparsa nei laboratori e nei campi dei transgenici ottenuti con i metodi delle biotecnologie moderne.
– Non possono essere autorizzate (colture) con cui devono essere messi in campo semi tradizionali, biologici e biotec. Ma la coltivazione biologica non c’entra nulla con la tradizione agricola e alimentare italiana. Il biologico è un metodo proposto di recente, negli anni ’40 o al massimo nel 1925. Se un alimento è tradizionale italiano o mediterraneo, sicuramente non è all’origine biologico. In quanto al biotec, non esistono piante coltivate non-biotec nel senso che sono state comunque ottenute mediante biotecnologie tradizionali e talvolta molto antiche. La quantità di geni coinvolti nelle varietà ottenute con le biotecnologie tradizionali (mutazione, poliploidizzazione, selezione, ecc.) è in genere più alta di quella dei geni trasferiti con i metodi molecolari. E il fatto che alcuni geni trasferiti provengano da specie “più lontane” non è particolarmente pericoloso. Una gran parte dei nostri geni proviene in natura da specie lontanissime: è la nostra eredità, si chiama evoluzione, questi geni provengono dai nostri antenati, non da infezioni recenti; le specie lontane sono sempre state con noi e dentro di noi.
– Gli OGM non sono utili all’Italia. Ma lo sono evidentemente invece a Stati Uniti, Brasile, Argentina, Canada, almeno altri 24 paesi industrializzati e in via di sviluppo, fra cui 5 europei, compresi 2 con colture mediterranee, Spagna e Portogallo.
La grande maggioranza di coloro che sono o sono stati ricercatori in questi campi è favorevole alla produzione di cibo sano, pulito, nutriente, non trattato con agenti chimici più del necessario; se è opportuno, utilizzando rotazione, lotta biologica, no-till; ma senza regole assolute: usando gli OGM (che già oggi costituiscono la quasi totalità della dieta degli animali domestici) in certi casi, secondo criteri rigorosi e opportuni, da stabilire su basi scientifiche. E’ opportuna un’attenzione particolare a quegli OGM che permettono di diminuire la somministrazione di pesticidi, aumentare le proprietà nutritive o la resistenza a condizioni avverse, compresi gli stress idrici. Per quanto riguarda il principio di precauzione, lo si può applicare quando, in assenza di prove, esistano sospetti fondati (possibilmente sulla base dell’analisi dei meccanismi d’azione) che qualcosa possa essere nocivo.
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