Questa volta il “cacciavite” di Enrico Letta diventa un “martello” da picchiare forte sul tavolo di Largo del Nazareno. Il mite presidente del Consiglio impone sul caso Cancellieri la sua linea al partito per difendere l’esecutivo, “sfiducia al ministro equivale a sfiducia al governo” è il ritornello che utilizza per mettere in riga i democrat. E ci riesce, segnando di fatto una vittoria contro chi nel partito si era detto contrario all’“assoluzione” della Guardasigilli.
Il successo della linea Letta è anche il successo di Giorgio Napolitano, da sempre paladino delle larghe intese e dei suoi componenti, Anna Maria Cancellieri compresa.
Ma c’è un’altra pedina da annoverare dal lato dei vincitori. Quella di Beppe Grillo. La mozione di sfiducia del M5S non passa alla Camera ma il movimento si conferma il campione della logica anti-sistema. E’ il leader del M5S a uscire come il vero “rottamatore” della cattiva politica da questa vicenda, è lui ad aver chiesto a gran voce la sfiducia contro il ministro e ad aver agito di conseguenza presentando la mozione per farlo.
Chi ne fa le spese è Matteo Renzi, grande “fustigatore” della Cancellieri prima ma adeguatosi poi alla linea dominante, sciogliendo di fatto il suo pugno di ferro in una carezza. E in questo caso, il passaggio tra la “lealtà” verso il partito e il governo e l’assenza di leadership è una linea sottile che rischia di non venire capita.
Perdono e tanto, basta guardare la reazione della rete sulla vicenda, il Pd e il suo segretario Guglielmo Epifani. Un partito che si conferma, ancora una volta, lontano dagli umori del suo elettorato, poco disponibile a “salvare” il posto all’ex prefetto amica della famiglia Ligresti.