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Da Giovane Italia ai Popolari, riaffiorano i giovani

Quello appena trascorso è stato un fine-settimana molto laborioso nei vari cantieri di centro e centrodestra. Nei quali si giungono ad usare iperboli numeriche troppo pregne di propagandismo per risultare credibili; e troppi luoghi comuni che vorrebbero costituire un cemento robusto per unificare ciò che è troppo disaggregato, cercando di dare corpo ad un soggetto che in realtà non c’è: un movimento politico-culturale, antagonistico tanto alla destra nostalgico-futurista che alla sinistra conservatrice e forcaiola, e che almeno appaia sufficien­temente amalgamato e lealmente unito.

Sarebbe un errore fatale, per i centristi e i moderati non accasati e delusi dal bipolarismo dell’ultimo ventennio – talmente bislacco da aver partorito un quadripolarismo ancora più rissoso, pettegolo e inpropositivo degli anni finali della Prima Repubblica -, stare solo a guardare. Gli anni terminali della prima repubblica non segnarono momenti di gloria; ma non furono neppure una fogna maleodorante come la Seconda Repubblica impostaci come costituisse la salvezza più rapida e più durevole per una società plurale. Sicché, nel confronto, il giudizio complessivo è meno negativo per l’esperienza dei partiti storici della repubblica che per i più recenti due decenni di confusione e velenosità esponenziali.

Agli osservatori pare sfuggire, però, qualcosa di inedito che è affiorato nell’ultimo weekend: la partecipazione di molti giovani, sin qui rimasti estranei alla lotta politica (e ne avevano ben donde), che improvvisamente vanno ad ascoltare che si dice in riunioni ad alta partecipazione di leader (la convention della Giovane Italia; il raduno del nuovo centrodestra che sembra avere troppi colonnelli e ancora scarse truppe di supporto; le assemblee dell’Udc o la manifestazione del Quirino dell’infaticabile Mario Mauro), credendo sia tempo di uscire dal guscio dell’indifferenza e della estraneità totale alla politica, per passare ad un impegno personale e collettivo più maturo e, possi­bilmente, incisivo.

Positivo, molto positivo, dunque, questo accorrere giovanile ai piccoli templi nei quali oggi si celebrano riti politici pseudo-nuovi. Prudenza impone, però, una certa cautela: che non riguarda i giovanissimi, bensì coloro che dovrebbero fungere loro da maestri. Sui vari pulpiti, infatti, continuano ad essere espresse parole di protesta e di risentimento (legittimissimi), cui sembra mancare il quid costruens. Che non può combattersi attorno alla decadenza di Berlusconi per via giudiziaria o alla vita (o alla minacciata caduta) di un governo Letta sempre più somigliante al deludente governo di coalizione Monti, che di guai ne ha creati, e non pochi, aggravando la crisi economica per eccesso di rigorismo e di fiscalità.



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