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Berlusconi e Legge di Stabilità, due misfatti in un giorno solo

Ed ora che succede dopo il misfatto?

Non mi riferisco all’ipocrita giornata vissuta ieri a Palazzo Madama, dove un’assemblea di nominati ha votato decadenza di Silvio Berlusconi. Tutto si è svolto come ampiamente previsto dal Cavaliere, non c’era assolutamente nessuna possibilità che l’acclarata stupida miopia dei suoi avversari – meglio sarebbe chiamarli nemici (cit.) – sparisse d’incanto e portasse così ad una soluzione di buon senso. Ci torneremo più tardi.

E’ la votazione di fiducia della legge di stabilità, soprattutto nei tempi e nei modi a rappresentare un misfatto. Sarebbe stato divertente chiedere ai senatori assonnati e distratti che nelle notte l’hanno approvata se, data l’importanza che riveste, fossero a conoscenza di che cosa stessero votando. Ma tutto passa nell’indifferenza in un Paese spompato e angosciato, dove la benzina dei consumi è in riserva secca, le imprese annaspano e qualche ministro illuso – o in altre faccende affaccendato – spaccia per antibiotici anti crisi i piccoli e modesti interventi di quello che oramai, purtroppo, si è definitivamente rivelato come un governicchio di stabilità, intesa però come immobilismo e non come condizione necessaria e responsabile per l’agognato interesse nazionale. Ben altro dovrebbe essere l’interesse nazionale e nondimeno meglio rappresentato laddove è possibile a farlo, in Europa.

Ma il governicchio è pavido, una sorta di Godot che aspetta il treno della ripresa, si contraddice per mesi, spesso straparla per bocca dei suoi ministri, pomposi annunci poi smentiti in un tira-e-molla fatalmente coatto data l’insipienza dei suoi esponenti e la palese fragilità dimostrata dalle larghe intese, infine redige un documento, il più importante… stabilmente inadatto ed irresponsabilmente approvato con tempi da qualifica degni della pole position di un gran premio di formula uno.

Ma tant’è, altre erano le esigenze e la discussione ritenute importanti ed ineluttabili: c’era da rispettare la scadenza principe, quella al di sopra di ogni altra priorità, persino dell’interesse nazionale: la decadenza di Berlusconi. Ecco il vero misfatto della due giorni vissuta al Senato: le soluzioni proposte dal Governo con la legge di stabilità non meritavano di essere discusse e vagliate a fondo, a ben altri ineludibili compiti erano chiamati i signori senatori della Repubblica.

Così era stato voluto e programmato dal Colle, così la giornata è stata gestita dal presidente Grasso come una grottesca apoteosi dell’ipocrisia dilagante che passerà alla storia quale una delle più imbarazzanti e per molti aspetti tragiche ed insieme ridicole della vita parlamentare. Peraltro, la conseguenza paradossale per i suoi nemici è che l’unico sopravissuto a questa giornata infelice sarà proprio lui, il Cavaliere che hanno fatto decadere dallo scranno parlamentare ma rimesso in sella come e più di prima, pronto a cimentarsi ancora e da par suo nell’eterna battaglia dei consensi.

Lo spirito sadomasochista dei talebani senatori della sinistra e gli ormoni impazziti degli adolescenti grillini,  paladini di un equivoco di fondo che identifica una sentenza di tribunale con la giustizia, hano avuto ieri la possibilità di procurare loro un orgasmo collettivo atteso da vent’anni, ma che si è già rivelato come una eiaculazione precoce nel soddisfare le esigenze di una democrazia e di una nazione che ben altre virili prestazioni e soddisfazioni avrebbe bisogno. Si consumavano all’interno del palazzo, rendendosi consapevoli (a coito oramai avvenuto) della loro modesta ed indegna figura, si guardavano infine negli occhi cercando conforto reciproco, timorosi per l’effetto boomerang  che avevano messo in moto.

Intanto, a distanza di poche centinaia di metri si rafforzava un vecchio legame tra un condannato decaduto e la sua gente, si chiudeva una vita istituzionale per aprirne una nuova. E’ il terzo capitolo di un’araba fenice brianzola che, salutando commosso al grido finale “andiamo avanti”, dava un doppio appuntamento ai suoi adepti ed agli avversari – pardon nemici – per le prossime scadenze elettorali: ci vediamo alle europee, probabilmente anche prima.



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