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Le strambe similitudini fra Pd e Dc

Da diversi mesi su diversi media, in particolare sul Corriere della Sera, si va sostenendo che il Partito democratico si va demo-cristianizzando. Tale osservazione, più paradossale che realistica, si fonda unicamente sulla circostanza che tanti lustri orsono Enrico Letta e Matteo Renzi militarono, giovanissimi, nella Dc.

Questa tesi, ultimamente sostenuta da Ernesto Galli Della Loggia, francamente surreale, viene motivata con la volontà del Pd di proporsi come partito-cardine di un futuro sistema politico: che non viene però precisato nelle sue strutture riformate. In realtà, anche altri gruppi più o meno equivalenti al Pd quanto a rappresentanza mirano ad una sostanziale centralità: non esclusi né Forza Italia, né l’ancora altamente quotato movimento grillino mentre si presenta pretenzioso quel movimentismo di centrini dalle enormi ambizioni che sembrano stare più a cuore al quotidiano milanese.

Della Loggia aggiunge che il Pd sarebbe oggi il “solo vero partito delle istituzioni” e, come tale, l’unico a possedere quella centralità esercitata dalla Dc nella Prima Repubblica. Il Pd – specie dopo la discesa in campo di un Renzi che si propone senza ambagi come riformatore radicale di un partito postcomunista ancora incapace di trovare una precisa identità politica -, è in verità solo il principale fruitore della occupazione sistemica dei poteri istituzionali. Non mi pare faccia testo la considerazione che “da molto tempo la gran parte dell’establishment italiano, nello Stato e nella società, si riconosce nel Pd”. Un partito che funge da poltronificio, non da creatore e diffusore di ideali e men che mai da propositore di misure per uscire definitivamente dalla condizione di Stato corporativo, non a caso viene difeso dall’establishment e osteggiato da più della metà degli italiani specie per quanto attiene alla amministrazione della giustizia. Per non parlare della collocazione internazionale del Pd, che in Europa sta coi socialdemocratici e contro i democristiani, non amando né i primi né i secondi.

L’illustre editorialista del quotidiano milanese, da tempo inclinante verso una sinistra gattopardesca, preferisce il Pd (vecchio o nuovo?) ad altre formazioni? Liberissimo di scriverlo e di fare propaganda per quel partito. Ma lasci le similitudini con la Dc. Che, oltre tutto, egli stesso non considerò mai come un partito da votare, neppure turandosi il naso. Come invitò invece a fare, sul Giornale, Indro Montanelli nel 1976, nel momento più alto della spaccatura verticale del paese in cui si pronosticava come non improbabile un sorpasso del Pci sulla Dc.



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