Il sempre più probabile ritorno di Teheran sui mercati petroliferi sarà il vero problema che il Cartello si troverà ad affrontare nel 2014; non è a Vienna, ma piuttosto a Ginevra, che si è svolto l’ultimo meeting Opec del 2013.
IL MEETING DI VIENNA
Come di consueto, anche quest’anno la città di Vienna ha ospitato il secondo meeting annuale Opec, e – sempre secondo tradizione – anche questo incontro si è chiuso con un nulla di fatto. Con una decisione ampiamente attesa dai mercati, i ministri del petrolio dei principali paesi esportatori si sono accordati nel mantenere la quota collettiva di output a 30 milioni di barili/giorno, vale a dire lo stesso livello attorno al quale quest’ultima (se si esclude il periodo critico del 2009-‘10) fluttua da ormai un decennio. Nessuna sorpresa quindi: il livello confermato è sostanzialmente in linea con la call-on-Opec, cioè con il volume di petrolio che il mercato domanda attualmente al cartello, e non ha richiesto nessun sacrificio ai membri rispetto allo status-quo. Un meeting di ordinaria amministrazione, quindi?
LE DECISIONI SUI TAGLI DI PRODUZIONE
In realtà un taglio della produzione dei membri del Cartello c’è stato, ma non è stato deciso esplicitamente nel corso della riunione di dicembre di Helferstorferstrasse 17, bensì due settimane prima, a qualche centinaio di chilometri di distanza, più precisamente a Ginevra. A metà novembre la città svizzera è stata teatro dell’incontro tra i “P5+1” (ovvero i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu più la Germania) e l’Iran sulla questione del nucleare. E al contrario di quello di Vienna, questo meeting qualche sorpresa l’ha riservata. Anche se è ancora presto per dichiarare la fine dell’embargo sul greggio iraniano (del resto l’accordo è temporaneo, e al momento esclude dalle esenzioni le export petrolifere) il disgelo tra la Repubblica islamica e l’Occidente è un primo, cruciale passo per il ritorno di Teheran sui mercati petroliferi. A maggior ragione se si considera che l’amministrazione Rohani – al contrario di quella precedente – appare particolarmente incline a concentrare i sui sforzi sullo sviluppo del settore estrattivo. Ceteris paribus, il ritorno del greggio iraniano, in uno scenario di costante riduzione della dipendenza Ocse dall’export petrolifero del Cartello (legata allo sviluppo delle fonti non convenzionali negli Usa), implicherebbe da parte degli altri membri la necessità di un taglio alla produzione (di almeno 1 milione di barili/giorno) nel corso del 2014. Da questo punto di vista, non è a Vienna, ma a Ginevra che si è tenuto il secondo meeting Opec del 2013.
IL RITORNO DELL’IRAN
Come se non bastasse, non è solo il ritorno dell’Iran sui mercati petroliferi ad agitare i sonni dei produttori Opec. Questi ultimi stanno mantenendo un livello produttivo pari a 30 milioni di barili giorno in uno scenario in cui le limitazioni all’export non riguardano soltanto Teheran, ma anche l’Iraq, la Libia e la Nigeria. La persistente instabilità che accompagna l’evoluzione del quadro politico di questi paesi continua a condizionarne l’attività estrattiva, comprimendola ben al di sotto del potenziale, o addirittura azzerandola, come nel caso libico: in ultima istanza facendo di questi paesi – loro malgrado – il vero policymaker del Cartello. Non ci addentriamo in un’analisi sul quadro geopolitico del Nord Africa-Medio Oriente: in ogni caso, anche in ragione del “disgelo” tra Iran-Occidente, è più probabile che il quadro politico attuale possa evolvere in senso positivo – piuttosto che dare luogo ad un ulteriore escalation di tensioni nel 2014.
In breve, il prossimo anno il club dei maggiori produttori si troverà a fare i conti non solo con un ‘offerta non-Opec destinata, da sola, a più che compensare l’incremento prospettico della domanda globale, ma anche con la ripresa delle esportazioni da parte di alcuni paesi Opec. Una situazione scomoda, che porrà il Cartello di fronte a un bivio: riunirsi e decidere un taglio netto della produzione per sostenere le quotazioni del greggio, o lasciare le quote invariate, e accettare le inevitabili conseguenze ribassiste sui prezzi. La prima strategia appare, ovviamente, la più plausibile, ma non è detto che possa dare i risultati sperati. Occorre infatti considerare che in un cartello come l’Opec l’incentivo a deviare dalla strategia concordata è sempre stato sufficientemente elevato da dare luogo a sistematici sforamenti rispetto alle quote stabilite. E d’altro canto l’Arabia Saudita, da sola, difficilmente potrà accollarsi una riduzione della produzione sufficiente a sostenere i prezzi sui livelli attuali. In breve, per la prima volta dopo anni lo scenario dell’offerta globale sembra sfuggire di mano al Cartello. Come quest’ultimo saprà reagire lo scopriremo fra sei mesi (al primo meeting del 2014), o prima, qualora le circostanze costringano i membri a riunirsi anzitempo in una sessione straordinaria. Abbiamo molti motivi per credere che il prossimo incontro non sarà noioso come gli ultimi cui abbiamo assistito.