Ho votato alle primarie, e ho votato Matteo Renzi.
La prima decisione la spiego con le parole di Renzi stesso: “Le primarie sono la nostra risposta al VaffaDay”. I quasi tre milioni che sono andati a votare dimostrano che, come in economia, anche in politica il problema è sempre l’offerta, non la domanda: e quando la pur odiata politica mette in campo un prodotto credibile, la gente accorre. E’ successo nel 1996, con l’Ulivo di Prodi, ed è ri-successo domenica 8 dicembre 2013, con queste primarie malauguratamente incastonate nel periodo più desolante della politica nazionale, eppure risultate un trionfo.
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Il mio voto per Renzi invece ha due ordini di ragioni. La prima è di testa: secondo me è il solo che può vincere le politiche, e resto convinta che se fosse stato il candidato premier nel 2012 non ci sarebbero state l’umiliante ”non vittoria” e le larghe intese, non ci sarebbero stati Berlusconi e Grillo. Abbiamo buttato un anno, e ci è costato maledettamente caro.
L’altra ragione è di cuore: per quel pochissimo che come giornalista ho avuto a che fare con lui qualche anno fa, l’ho trovato sbrigativo ma attento all’interlocutore, discretamente sincero, decisamente simpatico. Col tempo, ho visto anche alcuni limiti: la scarsa competenza in economia (che avevo notato già nel 2009 e che da allora non è migliorata: segno che non studia abbastanza); il turn over vorticoso tra i suoi consiglieri (forse una certa superficialità nello scegliersi i guru?); la tendenza ad affermare cose bizzarre, come il richiedere bilanci certificati ai sindacati (ma perché, visto che a differenza dei partiti vivono di contributi privati versati dai loro iscritti?); l’abitudine a cavalcare temi cari all’opinione pubblica (il taglio dei costi della politica) e trascurarne altri più seri e gravi ma meno pop (l’evasione fiscale, per esempio).
Uno potrebbe obiettare: ma allora perché mai lo hai votato? Semplice. Perché sono convinta che Renzi è uno che se vuole studia, ascolta, approfondisce, arriva alla sintesi. Perché nel suo primo discorso da segretario è stato emozionante, ma anche cazzutissimo e cattivo, alla faccia di chi lo definiva un piacione battutaro. Perché è sicuramente un leader e sta nel centro sinistra, che di leader ha molto bisogno. Ma soprattutto perché mia figlia Marianna, vent’anni, mi ha detto che con Renzi in campo le è venuta voglia di occuparsi di politica. E domenica sera, sotto l’hastag #matteorenzisegretario, ha postato questo tweet: ”Quei 2 euro li spenderei altre cento volte”.
Che volete, di più.