Bullard ieri sera ha provato a testare il sentiment, suggerendo che una lieve riduzione degli acquisti di asset tra una settimana sarebbe un giusto riconoscimento dei miglioramenti macro, e permetterebbe comunque alla FED di monitorare attentamente l’inflazione e nel caso invertire la marcia.
IL “TERMOMETRO” DELLA FED
Il presidente della FED di St Louis è considerato un po’ un “termometro” del FOMC, non appartenendo ne al gruppo dei falchi ne a quello delle colombe. A giugno, aveva dissentito con la stance di Bernanke, dichiarando che la FED avrebbe dovuto prestare maggior attenzione ai livelli bassi di inflazione. Il fatto che si dichiari favorevole ad un tapering, sia pure lieve, puo’ costituire un importante indizio del orientamento prevalente nel Comitee.
Ma il monito di Bullard non ha impedito a Wall Street di segnare il nuovo massimo storico in chiusura e al $ di perdere ulteriore terreno contro €, a dimostrazione che lo spettro del tapering ha effettivamente perso gran parte del suo potere, almeno in US.
LA TEORIA DELL’ASSUEFAZIONE
Come accennavo ieri, la spiegazione più accettata è che la rimozione dello stimolo sia ormai nei prezzi, e poco importa se arriva ora o fra 3 mesi. Personalmente, mi convince di più la teoria dell’assuefazione: dopo 6 mesi di “al lupo” i mercati non ci credono più, e ritengono la FED il classico can che abbaia.
In effetti, una survey condotta da Bank of America rivela che, nonostante l’accelerazione nei dati, appena un 20% degli investitori si attende un tapering entro Gennaio, mentre il grosso (quasi il 50%) lo vede a Marzo.
Come noto, è un sondaggio che mi trova d’accordo. Ma lo speech di Bullard mi fa alzare il livello di allerta, vedi mai che l’ECB faccia scuola, per una volta (Draghi giovedi scorso è stato sicuramente meno accomodante delle attese, e l’€ e l’equity europeo ne stanno risentendo).
MERCATO ASIATICO
L’Asia ha raccolto un po di più il messaggio di Bullard, dando luogo a una seduta scarsamente ispirata, sebbene senza variazioni degne di nota.
Dopo il dato tedesco ieri era la volta di Francia, UK e Italia di pubblicare la produzione industriale di ottobre. La prima ha deluso come al solito (-0.3% da prec -0.3% e vs attese per +0.1%). Uk è uscita in linea col consenso (+0.4% da prec 0.9%).
MERCATO ITALIANO
Finalmente buono il dato italiano (+0.5% da prec +0.2% e vs attese per +0.2%) e variazione positiva più alta da gennaio. Anche il GDP italiano del terzo trimestre ha battuto le stime (0.0 da prec -0.3% e vs attese per -0.1%), mettendo fine a 9 trimestri di calo consecutivi, pur senza riuscire a mostrare ancora un incremento.
Vuoi per i buoni dati, vuoi per le speranze di un accelerazione delle riforme alimentate dal robusto risultato di Renzi alle primarie PD, i bond italiani sono partiti subito in denaro, seguiti da quelli spagnoli, il che ha inizialmente conferito alla seduta europea un tono positivo.
CAMBIO DI SENTIMENT
Dopodichè, a metà seduta la positività è improvvisamente svanita e i principali indici si son portati rapidamente in territorio negativo.
Per spiegare il cambio di sentiment sono circolate varie ipotesi, come il tapering, e il varo della Volcker rule in US. Difficile darvi credito, dal momento che Wall Street, che dovrebbe essere la più colpita da queste 2 misure, perde le briciole, mentre l’Europa si inabissa.
In realtà non esiste un preciso catalyst di questo movimento, che somiglia molto a quanto osservato la scorsa settimana. Sicuramente l’€ in area 1.38 vs $ non è visto di buon occhio dagli investitori. In generale, dubbi circa la solidità della ripresa, e delusione circa l’atteggiamento della Banca Centrale sembrano alla base di quella che appare nuovamente una riallocazione di risorse verso altri mercati.
Peraltro, il turnaround del sentiment non ha intaccato la domanda di bond periferici, con i BTP e i BONOS che chiudono entrambi in forte recupero (8 – 10 basis points) contro un bund stabile. Un risultato che ha influenzato anche l’azionario, con Milano e Madrid che presentano in chiusura cali inferiori ai mercati “core”.
Dal punto di vista grafico, la situazione sembra promettente per i 2 principali emittenti periferici.
Il supporto a 230 punti base di spread, che aveva contenuto i 2 decennali da agosto scorso, in un contesto di volatilità decrescente, sembra aver dato strada. L’ultimo scoglio prima di insediarsi in un range inferiore potrebbe essere il superamento al ribasso di quota 4%, sempre che il bund non decida di accollarsi la cosa, salendo verso il 2%. Ma con i dati inflattivi che abbiamo in Europa, e la guidance sui tassi che resta una delle armi in mano all’ECB, sembra alquanto improbabile.