Il trionfo di Matteo Renzi alla segreteria del Pd è stato salutato da molti osservatori come la fine della sinistra e del Pci. Ma è stato lui stesso a dirlo, nel suo discorso della vittoria: “Non è la fine della sinistra, ma di una classe dirigente”.
LA SQUADRA E LA PRESIDENZA
In questa prima settimana alla guida di Largo del Nazareno, Renzi ha costruito una squadra giovane e molto al femminile, non c’è dubbio. Ma l’ha costruita, cercando di accontentare le varie correnti del partito: il responsabile dell’Economia Filippo Taddei è civatiano, Marianna Madia al lavoro è stata prima veltroniana e poi dalemiana, Federica Mogherini, responsabile sull’Europa fu scelta da Veltroni, Pina Picierno, legalità e sud, fa capo a Franceschini.
Grande rappresentanza anche all’ala più a sinistra dei democrat con la nomina di Gianni Cuperlo alla presidenza del partito. Dopo un rifiuto iniziale per tenersi le mani libere, l’ex sfidante di Renzi si è lasciato convincere dall’offerta renziana, soprattutto su pressione dei Giovani turchi.
LA STRANA COPPIA LANDINI-RENZI
Il nuovo segretario, l’ha chiarito subito, non intende farsi dettare la linea dalla Cgil. Ma la “rivoluzione” prospettata sembra attenuarsi scontrandosi con la realtà. Per esempio l’emendamento alla legge di stabilità presentato dal suo braccio destra Dario Nardella che taglia i permessi sindacali ai dipendenti pubblici del 90 per cento per destinarli al Fondo per le non autosufficienze è stato ritirato su richiesta del gruppo.
Ha destato un certo stupore inoltre vedere l’abbraccio, a margine di una mostra della Fiom, inaugurata a Firenze, tra Renzi e Maurizio Landini, il segretario “duro e puro” della Fiom.
I due hanno trovato un punto di contatto: la necessità, ribadita da entrambi, di una legge sulla rappresentanza sindacale che garantisca tutti i lavoratori, anche a chi si ritrova in minoranza in azienda o fabbrica. Ieri il segretario della Fiom, in un’intervista a Repubblica, ha spiegato come con il sindaco di Firenze si possa “voltare pagina” e che offrirà la propria collaborazione per condurre battaglie comuni su “lavoro e diritti“.
E poi entrambi sono distanti dalla linea di Susanna Camusso, leader della Cgil. “Se non cambia, il sindacato è morto”, dice Landini. E il rottamatore sottoscrive.
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