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C’era una volta l’Opec

A Novembre la produzione di petrolio dell’Opec è scesa ai minimi degli ultimi due anni. Una misura che serve a mantenere stabile il prezzo dell’oro nero mentre sembra, ormai, scemare il peso del cartello dei Paesi esportatori nato con la conferenza di Baghdad del 1960. Si tratta di una svolta epocale nel mercato mondiale degli idrocarburi e, quindi, degli scenari geopolitici e dell’economia globale.

I fattori che stanno determinando questa frattura epocale sono diversi. In primis c’è la rivoluzione dello shale gas che ha un prezzo più basso del petrolio e che sta ormai erodendo le quote di mercato dei produttori dell’Opec. Lo shale oil e lo shale gas fanno grandi progressi in America del Nord, Cina e Russia mentre non abbondano nei Paesi riuniti nel cartello di Vienna. Pur di non perdere mercati importanti come quello americano alcuni produttori del Medio Oriente già vendono praticando condizioni più vantaggiose oppure offrono contributi sulle assicurazioni delle petroliere e rimborsi per i temi di attesa nei porti. Altro fattore potenzialmente destabilizzante è il riemergere dell’Iraq come grande produttore ed esportatore dopo decenni di isolamento internazionale e guerre. Nonostante la raffica di attentati e violenze (da aprile sono state uccise quasi 5.000 persone) il governo di Baghdad ha fissato l’ambizioso obiettivo di produzione a 4 milioni di barili al giorno. C’è poi la variabile Iran. L’accordo nucleare tra Teheran e l’Occidente avrà conseguenze rilevanti anche sul mercato dell’energia. Secondo la banca d’affari Nomura, 800 mila barili di petrolio al giorno potrebbero inondare i mercati globali già a partire dal prossimo anno. Per tornare a pieno titolo sui mercati energetici globali gli iraniani si sono già detti pronti ad aprire le porte agli investimenti delle compagnie multinazionali occidentali.

Tutti questi fattori spingeranno l’Opec, almeno nel breve periodo, a tenere il prezzo del petrolio non troppo alto così da favorire l’acquisto da parte dei paesi asiatici dove si registra un forte aumento della richiesta e del consumo di idrocarburi. Allo stesso tempo, si dovrà tenere sotto controllo il prezzo del greggio così da poter fronteggiare alternative al petrolio come lo shale, il gas liquefatto e l’energia “verde”.



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