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I cigni morbosi dell’opera di Roma

Il Lago dei Cigni”, uno dei capolavori compositivi di Petr Ilic Ciajkovskij, è uno dei balletti più rappresentati al Teatro dell’Opera di Roma, nonostante sia arrivato relativamente tardi sul palcoscenico della Capitale: se ne contano una trentina di messe in scena (ciascuna con 6-10 repliche dal 1937 ad oggi) e quasi una l’allo dal 2000 ad oggi. L’edizione inaugurata il 21 dicembre è in scena quasi ogni sera sino al 16 gennaio. La biglietteria – mi si dice – va a gonfie vele.

Composto tra il 1875 e il 1876 – ossia nel pieno della crisi di identità sessuale di Petr Ilic e di suo fratello Modest –, debuttò a Mosca nel 1877 senza ottenere il successo sperato, che gli arrise invece, grazie anche alla nuova coreografia di Marius Petipa, nel 1892 a San Pietroburgo, dopo gli esiti trionfali dei due balletti successivi, “La Bella Addormentata nel Bosco” e “Lo Schiaccianoci”. Al Teatro dell’Opera arrivò nel 1937, nella versione di Boris Romanov che vi impiegò Attilia Radice e Anatolij Obuchov. La coreografia del successo originale di Marius Petipa e Lev Ivanov fu proposta dal London’s Festival Ballet nel 1960 e otto anni prima il New York City Ballet aveva eseguito quella del suo coreografo di punta George Balanchine. Le Terme di Caracalla ospitarono il balletto per la prima volta nel 1980 con Diana Ferrara e Paolo Bortoluzzi come protagonisti della versione di Jurij Grigorovic, versione già offerta al pubblico romano dal Corpo di Ballo del Teatro Bolscioi nel 1970. La stessa ambientazione estiva accolse Rudolf Nureyev nei panni del principe Siegfried nel 1984. Complessivamente circa 100 rappresentazioni tra la principale sede invernale (il Teatro Costanzi) e quella estiva (le Terme di Caracalla). Forse solo il Bolscioi di Mosca e il Marrinskij di San Pietroburgo ne hanno avuto un numero maggiore.

Il favore de “Il Lago dei Cigni” presso il pubblico romano è dimostrato che in queste settimane di Natale – Capodanno nella capitale si possono vedere altre due edizioni de “Il Lago dei Cigni” portate in tournée da compagnie russe ed una curata da Il Balletto di Roma.

L’edizione proposta, con la coreografia e le scene di Maurice Bart ,basato, solo in parte, sul lavoro Marius Petipa e Lev Ivanov è un nuovo allestimento che sostituisce quello con le scene ed i costumi di Aldo Buti, si è replica quasi ogni anno dal 2003 al 2011. Di norma si pensa che ‘Il Lago dei Cigni’ è uno spettacolo per bambini. Invece, pur basato su un’antica fiaba russa, la partitura Petr Ilic Ciajkovskij è ambigua, sensuale e morboso. Il balletto composto quando l’autore, consapevole della propria omosessualità (e di quella di suo fratello), per celarla si sposò. Un matrimonio breve che terminò con il ricovero in manicomio della moglie e innescò la serie di eventi che portarono al suo suicidio (più o meno volontario) nel 1893, proprio mentre “Il Lago dei Cigni” stava gustando il successo meritato. Alcuni elementi di questo dramma si colgono nell’interazione tra il protagonista, il principe Siegfried, ed il suo miglior amico Benno, nonché nella Regina protettiva che fa di tutto per spingere il figlio al matrimonio ma resta desolatamente sola nell’ultimo quadro.

Nell’allestimento in scena a Roma dal 2003 al 2012, negli gli atti a Palazzo Reale la scenografia era quasi ottocentesca, ma in quelli nei pressi del lago viene inserita (al centro del lago) una riproduzione de “L’Isola dei Morti” di Arnold Böcklin, uno dei quadri più ambigui e più intriganti del decadentismo di fine Ottocento (Hitler si impossessò dell’originale e lo teneva nel suo bunker). In questo nuovo allestimento, invece, siamo in un mondo dal cielo grigio: con un abile gioco di luci e di scene dipinte il Palazzo si trasforma in riva (ed anche fondo) del lago. Il marrone domina l’impianto scenico, un marrone limaccioso che indica eloquentemente i contrasti interiori del compositore.

Molto bravi i quattro protagonisti: Anna Tsyganova, Mikhail Kaniskin, Gaia Straccamore, Manuel Parruccini. Efficaci i numerosissimi ruoli minori e il corpo di ballo. Lo spettacolo piace. La sera della ‘prima’ ha coinciso con un’agitazione delle maestranze che temono il ricorso alla ‘legge Bray’ per fare fronte alla crisi di liquidità della fondazione. Quindi, si è danzato sulla registrazione della partitura fatta durante le prove. Difficile, quindi, valutare la concertazione di Andriy Yurkevich. La sua bacchetta pare impeccabile, tranne qualche tono bandistico all’inizio della seconda parte e diligente. Ha, però, fatto emergere bene la triade “Si bemolle-Re-Fa”, associata alle forze del male, e la triade “Si-Fa diesis-Do diesis”, associata, invece, al tema della morte e resurrezione, dando loro il macero e morboso che meglio avrebbe rispecchiato il dramma di una partitura che rispecchia una tragedia interiore.

E che non è affatto per bambini.

ECCO LA GALLERIA FOTOGRAFICA 

 



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