Il 2014 riserva un menù ricco per l’Asia meridionale. E il retrogusto potrebbe essere spiacevole per gli Stati Uniti.
Innanzitutto, tra aprile e maggio si terranno le elezioni afghane sullo sfondo del ritiro della Nato e della conclusione della missione Isaf. E questa volta Karzai non potrà correre per un terzo mandato.
Ma soprattutto vi saranno le elezioni indiane, che si terranno in primavera, in cui i due grandi partiti del Congresso e del BJP, oltre a combattersi a vicenda, dovranno anche difendersi dalla comune minaccia dei fortissimi partiti regionali che si comportano talora come schegge impazzite sulla base di rivendicazioni etniche e delle spinte centrifughe provocate da due decenni di espansione economica, nonché, ultimamente, dal ciclo politico populista innescato dal rallentamento.
La recente visita di Karzai a Nuova Delhi, l’ultima in una serie di contatti ad alto livello tra i due governi, conferma l’esistenza di un asse indo-afghano ben visto da Washington. Lo sottolinea in un commento recente per il Csis Karl Inderfurth, ex consulente per l’Asia del Sud di Clinton tra il 1997 e il 2001, gli anni dell’escalation della tensione (anche nucleare) indo-pakistana. Quel periodo è stato il test concreto dei limiti della potenza americana, con due alleati che sono giunti alle armi sul Kargil nel 1999, un colpo di Stato militare ad Islamabad e una tensione che nemmeno il fronte unito contro i Talebani nel 2001 è riuscita a smorzare. Negli stessi anni, va aggiunto, in cui la crisi finanziaria si abbatteva sul Sud-Est Asiatico e la politica estera generale asiatica di Washington si orientava verso una prima ipotesi di G2 con la Cina.
Ahmed Rashid, esperto di Af-Pak, riteneva nel suo “Caos Asia” che la stella del servizio segreto estero di Nuova Delhi, il RaW (Research and Analysis Wing) fosse in ascesa nei primi anni del millennio in Afghanistan.