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Il sano realismo che manca al Pd

Dopo quel pasticciaccio brutto del decreto “Salva Roma”, oltre le inevitabili critiche delle opposizioni, anche settori consistenti del PD stanno scoccando ampi strali contro il governo Letta-Alfano. Alcuni per stimolare, come si dice, “un cambio di passo” a gennaio; qualcun altro per assecondare la mai sopita volontà renziana di elezioni anticipate.

Un sano realismo dovrebbe far ragionare la dirigenza di quel partito. Alle ultime elezioni politiche, con il 25,4 % del consenso elettorale alla Camera (292 seggi grazie al porcellum) e il 27,4% al Senato (105 seggi), un partito che realizza poco più di un quarto dei voti espressi detiene, cosa unica nella storia delle Repubblica, tutte le massime cariche dello Stato: presidenza della Repubblica, del Senato e del Consiglio, con il sostegno dell’accolita onorevole Boldrini alla presidenza della Camera; ha decretato la messa fuori gioco del leader dell’ex Pdl e gode di una Corte costituzionale e una magistratura sostanzialmente amiche.

Ci sembra difficile poter aspirare a qualcosa di più di ciò che hanno già ottenuto, tra il moltiplicatore indegno del porcellum e una sostanziale impotenza politica evidenziata dopo il voto di febbraio.

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