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La frenesia di Renzi tra illusioni e smodate ambizioni

Sarà avvenuto per caso, ma Matteo Renzi ha aumentato il suo già forte attivismo dopo che il capo dello Stato ha mostrato, a torto o a ragione, di avere in qualche modo ridotto la protezione del governo ricordando nel messaggio televisivo di Capodanno che “il solo giudice è il Parlamento”.

Piuttosto che interpretare le parole di Giorgio Napolitano come una sfida polemica, Renzi ha mostrato di vedervi un incoraggiamento a incalzare il presidente del Consiglio, anche a costo di scavalcarlo o di mandarlo fuori strada, sfasciandogli la maggioranza e provocando la crisi.

Prima il nuovo segretario del Pd si è affrettato a telefonare al presidente della Repubblica per complimentarsi del messaggio appena trasmesso a reti unificate dalla Tv di Stato. Poi ne ha difeso il contenuto in una lunga intervista al Fatto, notoriamente ipercritico con il Quirinale di “Re Giorgio”. E infine ha scritto e parlato per aprire trattative con le opposizioni di Silvio Berlusconi e di Beppe Grillo sulle riforme, a cominciare da quella elettorale, senza aspettare l’esito del lavoro preannunciato da Enrico Letta per ridefinire con i partiti della maggioranza un patto di governo impegnativo per il 2014.

Il rifiuto scontato di Grillo, che persegue solo il crollo del sistema nella illusione di costruire sulle macerie le proprie fortune politiche, ha lasciato aperta la strada di Renzi solo in direzione di Berlusconi. Il quale ha visto nell’iniziativa del segretario del Pd una buona occasione per almeno due rivincite.

La prima rivincita assaporata dall’ex premier è di vedersi riconoscere da Renzi quella leadership personale liquidata solo qualche giorno prima dalla delegata dello stesso Renzi alle trattative sulle riforme, la giovane Maria Elena Boschi. La quale, dopo avere avuto contatti con vari esponenti di Forza Italia, aveva parlato pubblicamente di Berlusconi come di un “privato cittadino”, ritenendolo evidentemente declassato dalle sue vicende giudiziarie e dalla conseguente decadenza da parlamentare.

La seconda rivincita assaporata dal rifondatore di Forza Italia è di potere offuscare il ruolo e le prospettive politiche di Angelino Alfano e di quanti altri si sono staccati da lui costituendo il Nuovo Centrodestra. Dove, in effetti, tempi e modi delle aperture di Renzi a Berlusconi hanno creato non poche, visibili e comprensibili preoccupazioni. Sino a minacce esplicite di crisi se un accordo con l’opposizione sulle riforme non dovesse partire da un’intesa fra i partiti della maggioranza.

Anche se fosse davvero basata sull’interpretazione del messaggio presidenziale di Capodanno come di una presa di distanza da un governo che ha probabilmente procurato qualche delusione e preoccupazione pure al Quirinale, l’accelerazione impressa o tentata dal segretario del Pd rischia tuttavia di tradursi ugualmente in un’autorete.

Napolitano ha forse abbassato sul serio la guardia nella difesa del governo, ma non per questo si è convertito alle elezioni anticipate in caso di crisi. Che bloccherebbe peraltro l’attività parlamentare anche sulla strada di una nuova legge elettorale, per cui alle urne si dovrebbe andare con quel che resta del cosiddetto porcellum dopo le amputazioni decise dalla Corte Costituzionale.

Una crisi, specie con sbocco elettorale, potrebbe peraltro compromettere anche il successo appena conseguito dall’Italia sui mercati finanziari con il ritorno del differenziale dai titoli del debito pubblico tedesco – il famoso spread – ai livelli sopportabili della primavera di tre anni fa.

In queste condizioni, se Renzi dovesse riuscire a sfasciare la maggioranza con l’aria furbesca di avere solo voluto imporle un passo diverso, Napolitano piuttosto che sciogliere le Camere si sentirebbe in dovere di fare tentare proprio a lui la formazione di un nuovo governo. Ciò metterebbe alla prova dei fatti, e non delle parole e degli slogan, la troppo debordante ambizione del giovane segretario del Pd.  Di cui  molti aspettano forse un tonfo nello stesso Pd, fra quanti ne hanno inutilmente contrastato la corsa nelle primarie o subìto la vittoria, considerandola solo un passaggio imposto dalle circostanze e dagli errori delle passate gestioni del partito.

Francesco Damato



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