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I meriti del Renzinellum e la mitologia del voto di preferenza

Spagna, Germania, Austria, Olanda e Portogallo hanno le liste bloccate. Belgio, Danimarca, Finlandia e Grecia hanno le preferenze. Queste ultime sono state bocciate dagli italiani con i referendum del 1991 e del 1993. E con maggioranze travolgenti: del 96 per cento nel primo, dell’83 per cento nel secondo. Allora le preferenze erano considerate un veicolo di dilatazione dei costi della politica, di fenomeni corruttivi nella raccolta clientelare del consenso, di frazionamento dei partiti, di instabilità dei governi.

I sistemi elettorali vigenti nelle regioni italiane prevedono la preferenza unica, ma la Toscana ha le liste bloccate e la Campania ha introdotto la “doppia preferenza di genere”. Uno studio dello Spi-Cgil ha analizzato l’utilizzo della preferenza tra il 1995 e il 2010 in quattro regioni del Nord (Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto), in quattro regioni del Centro (Emilia-Romagna, Umbria, Marche, Lazio) e in tre regioni del Sud (Puglia, Basilicata, Calabria).

Nel 2010 il tasso di preferenza (rapporto percentuale tra totale delle preferenze espresse e totale dei voti validi di lista) è stato del 42,5 per cento (quattro punti in meno rispetto al 2005). Più in dettaglio, al Nord è stato del 30,2 per cento, al Centro del 41,5 per cento, al Sud dell’80,3 per cento. Il divario è macroscopico.

In conclusione, non è vero che la lista bloccata (soprattutto se molto corta e se suffragata da candidati scelti con il metodo delle primarie) è il “male assoluto”, come non è vero che la preferenza è il “bene assoluto”. Ciò che decide è la credibilità della politica e la fiducia che i cittadini ripongono nei partiti e nei loro gruppi dirigenti. Entrambe da noi oggi sono molto basse, lo sappiamo. Un clima che favorisce la mitologia della preferenza, come comoda scorciatoia per la soluzione di un problema che chiama in causa la sostenibilità di un intero assetto istituzionale.

In questo senso, pur con tutti i suoi limiti e con tutti i suoi punti discutibili, il “Renzinellum” ha il merito di avere aperto la strada a una riforma non di piccolo cabotaggio del nostro sistema politico.



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