Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’analisi di Tino Oldani apparsa su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.
Quando una brutta notizia si ripete puntuale ogni anno, ci si fa quasi il callo, e si passa oltre. Vale per le alluvioni, purtroppo, ed è così per la malagiustizia. Per questo, ieri, pochi giornali hanno dato il rilievo che merita allo sfascio della giustizia raccontato alla Camera dal ministro Annamaria Cancellieri, che ha presentato la Relazione annuale sullo stato di questo settore della pubblica amministrazione. Tra le lodevoli eccezioni, il dettagliato servizio di ItaliaOggi, che vi ha affiancato i commenti degli avvocati, che, senza mezzi termini, accusano la Cancellieri come responsabile della fallimentare politica del governo Letta anche in materia di giustizia.
LO STATO DELLA GIUSTIZIA
I numeri parlano chiaro: i processi pendenti sono quasi 9 milioni, dei quali 3 milioni 462.907 nel penale e 5 milioni 257.693 nel civile. Più o meno, è lo stesso arretrato degli anni precedenti. Segno che a nulla sono valsi i provvedimenti decisi dagli ultimi governi per sveltire i processi, bollati dagli avvocati come misure «per comprimere il diritto di difesa, aggredire la legge Pinto, inserire i filtri, aumentare i costi, complicare l’accesso ai cittadini».
LA LENTEZZA
La legge Pinto è quella che consente ai cittadini di rivolgersi al tribunale europeo di Strasburgo per ottenere un indennizzo per la giustizia lenta: soltanto nel 2013 se ne sono contati 2.064, che sono costati allo Stato italiano 387 milioni di euro, destinati a salire di parecchio visto che si dovrà tenere conto di altri mille ricorsi per il ritardo sistematico nei pagamenti.
IL DITO PUNTATO
Fare peggio di così, davanti all’Europa, sembra impossibile. Il ministro ne ha parlato come di una «emergenza», termine ormai abusato, invocato di solito da chi ha poche scusanti e mette subito le mani avanti. Guarda caso, la Cancellieri ha pensato bene di assolvere se stessa e i magistrati, e di addossare ogni colpa «all’aumento della litigiosità nel campo civile e dell’attività criminale in campo penale». In pratica, un dito puntato contro la società, contro gli italiani («si assiste a una rapida evoluzione dei percorsi economici e a un accrescimento dei diritti e interessi diffusi»), e di riflesso contro gli avvocati.
IL MIRACOLO
Sembra incredibile, ma non è tutto. Il ministro che tanto si è speso per la famiglia Ligresti è andato oltre. Ed erigendosi a difensore d’ufficio dei magistrati, ha sottolineato che «nell’ultimo rapporto della Commissione Ue per l’efficienza della giustizia i nostri giudici sono collocati ai primi posti per produttività».
Primi posti per l’efficienza? Scusi ministro, ma come è avvenuto questo miracolo?
NUMERI CONTRASTANTI
La fotografia più informata della giustizia in Italia (Stefano Livadiotti, L’ultracasta, Bompiani) è solo di qualche anno fa, e dice tutt’altro. Spiega che i magistrati italiani lavorano poco, appena 4,2 ore al giorno, che fanno 1.560 ore l’anno (mentre la media italiana è di 1.800 ore), ma guadagnano molto, il quintuplo degli altri italiani.
Documenta che, in un anno, i giudici italiani chiudono in media non più di 500-600 fascicoli, e fanno non più di 16 udienze nelle corti d’appello (all’anno, e non al mese!), e 28 udienze nel penale (sempre all’anno), ma guadagnano in media più di 110 mila euro, il 41,4 per cento più dei giudici tedeschi e il 16,1 per cento di quelli francesi. Su queste basi, era evidente da tempo che la giustizia italiana fosse in mano a una casta ben pagata, ma con una produttività risibile rispetto al resto d’Europa. Se non è più così, perché il ministro Cancellieri non fornisce i dati aggiornati?
UNO STRUMENTO NON ADEGUATO
La materia merita senz’altro un chiarimento. Ma il «Dossier 2010» della Commissione europea per l’efficacia della giustizia, citato ieri dal ministro e diffuso in Italia dall’Associazione nazionale magistrati (Anm), che ne ha curato l’edizione sul web, non sembra lo strumento più adeguato.
Per dirne una: elenca e confronta gli stipendi e i carichi di lavoro dei magistrati di 43 paesi europei su 46 interpellati. Purtroppo tra quelli che non hanno risposto c’è la Germania, mentre abbondano i dati sulla giustizia di paesi come l’Albania, l’Armenia, l’Azerbaidjan, la Bulgaria, la Moldavia, perfino la Federazione russa, con i quali è difficile sentirsi in gara per avere una giustizia migliore.
Dal dossier si apprende che i magistrati italiani, dopo 28 anni di carriera, con 173 mila euro lordi l’anno, guadagnano meno dei diplomatici (249 mila euro) e degli alti dirigenti della pubblica amministrazione (184 mila), ma più dei prefetti (168 mila). Quanto basta per sostenere, parole del dossier dell’Anm citato dalla Cancellieri, che «gli stipendi dei cosiddetti ‘magistrati-Paperoni’ non rispondono al vero». Peccato che non vi sia anche una tabellina con i redditi degli italiani in base alle dichiarazioni Irpef, dove risulta che più della metà non arriva a 40 mila euro l’anno, mentre il sito dei Comuni italiani ha calcolato che il reddito medio è di 36 mila euro a Milano e di 25 mila a Napoli.
Quanto alla produttività nel civile, dove l’arretrato supera i 5 milioni di cause, il Dossier Anm afferma che «i giudici italiani hanno un’altissima capacità di smaltimento degli affari civili contenziosi sopravvenuti , al secondo posto in Europa dopo la Russia, con ben 2 milioni 693.564 procedimenti civili definiti». Ma nonostante questa produttività, ammette lo stesso Dossier Anm, i giudici civili italiani «hanno tuttavia accumulato nel 2008 un ulteriore arretrato di 149.104 procedimenti, fattore che consolida (purtroppo) il nostro sistema-giustizia al primo posto in tale negativa classifica». Un’ammissione chiara: nell’accumulare arretrati, nessuno batte la giustizia italiana. Ma questo la Cancellieri si è ben guardata dal dirlo, preferendo scaricare la colpa sugli italiani e sulla loro litigiosità. Urge rimpasto!