“Siamo appena passati da missione impossibile a missione impensabile…”
(Fast & Furious 5)
Il dibattito sull’annunciata privatizzazione di Poste sta assumendo rapidamente i soliti connotati da sfida tra tifoserie contrapposte tra i partigiani del sì a tutti i costi e i sostenitori del no per principio. Credo sia una partenza con il piede sbagliato, che rischia di creare i presupposti per l’ennesima privatizzazione inefficace, se non dannosa.
Quello che mi sembra manchi nel dibattito pubblico è un approfondimento sulle motivazioni per cui si sta immaginando questa operazione e sulle modalità con le quali si intende condurla.
In parole semplici, perché stiamo pensando di cedere sul mercato una quota di Poste, solo per fare cassa o anche per incidere sulla qualità del servizio? E se la motivazione è la prima, associata comunque a una volontà di mantenere il controllo pubblico sulla società, in base a quali parametri è stata individuata la percentuale del 40%? Perché non si può pensare anche a cedere una quota maggiore (in modo da fare più cassa), magari con meccanismi di garanzia che consentano alla mano pubblica di mantenere pieno il controllo?
A me sembra che più che accapigliarsi su favorevoli o contrari, sarebbe utile chiedere la totale trasparenza sull’operazione che si sta progettando, trasparenza sulle motivazioni, sulle modalità e soprattutto sul livello di servizio: qualsiasi sia la scelta che si farà, l’importante è esserne consapevoli e rendere consapevoli tutti gli stakeholder e, in particolare, tutti i cittadini, anzi tutti noi. I soldi di cui stiamo parlando sono di tutti noi.
Già, perché in Italia, purtroppo, ogni qual volta si parla di privatizzazioni si vira immediatamente sui soldi, sul comando, sul chi ci guadagna cosa. Ma raramente ci si ricorda che le società di cui si parla forniscono servizi a centinaia di migliaia, o più spesso anche milioni di cittadini. Ed è proprio al livello di servizio al cittadino/consumatore che bisogna guardare nel giudicare sulla bontà o meno di un’operazione di privatizzazione, soprattutto se si pensa ai tanti esempi in cui operazioni finanziariamente perfette hanno prodotto vere e proprie catastrofi nel servizio agli utenti, in Italia ma anche, ad esempio, nel Regno Unito o in California.
Quando discuteremo di tutto questo con atteggiamento pragmatico e non ideologico, ogni sì o no alla privatizzazione – di Poste e di altre società pubbliche – sarà molto più credibile di quello derivante da una pura baruffa mossa dall’ideologia o da interessi particolari, spesso molto particolari…