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No alle quota rosa nell’Italicum. Parola della liberale Silvia Enrico

“Quote rosa nella legge elettorale? Di nuovo la solita sceneggiata nazionale”. Silvia Enrico, coordinatrice nazionale di ALI (Alleanza liberaldemocratica per l’Italia) non ricorre a giri di parole. Sulla legge elettorale la discussione è accesa, ma lei si concentra anche sulle quote rosa.

Che cosa non la convince dell’Italicum?
Sulla legge elettorale si può dir di tutto, ma c’è qualcosa di peggio del listino corto – su cui molto si è scritto. E’ l’attribuzione rigida di quote “rosa” predeterminate. Come una stampella, un obbligo.
Beninteso, sono personalmente più che favorevole alla presenza di donne in politica, nell’impresa, nelle professioni, ecc… e ben contenta che le donne ricoprano posizioni apicali, ma non così, non in questo modo.

Perché?

E’ triste che le parlamentari italiane si uniscano per perorare questa istanza, incapaci invece di trovare la stessa unità su questioni ben più rilevanti per le donne italiane. Ad essere cinici, ad essere freddi valutatori, listino corto e quote rosa sono davvero assai simili. Seguono la stessa logica: favoriscono la conservazione di posizioni di rendita, cioè quelle attuali. Vedrete che se il numero dei parlamentari diminuirà, alla fine il principale sacrificio toccherà a noi donne.

Beh un giudizio paradossale. Con la forma (cioè con le quote rosa) si nega la sostanza (cioè il risultato reale) delle pari opportunità. Non pensa?
Vizio italico quello di curare gli effetti e non le cause. Non è con un colpo di fard o con un merletto che possiamo presentarci come un Paese moderno, un Paese che vince le disparità di genere, un Paese aperto alle donne. E’ possibile che in Italia ancora nessuno ponga veramente l’attenzione sui dati reali e formuli proposte concrete per favorire una parificazione di opportunità tra uomini e donne, nel lavoro come nella politica ed invece ci si ostini a liquidare il tutto con un’imposizione di legge? L’intelligenza, la capacità, la determinazione nulla hanno a che vedere con il genere di appartenenza.

Quindi che cosa propone?

Le donne italiane hanno bisogno di un profondo cambiamento culturale del Paese che può essere senz’altro agevolato da buone leggi, ma non dalla creazione di riserve protette che altro non sono che l’affermazione dell’esistenza di una categoria di inferiori da preservare. Passate le elezioni dove tutti i partiti hanno proclamato cose mirabolanti. Come risultato abbiamo avuto il nulla.

Però già esiste una legislazione a favore delle donne. Cosa si potrebbe fare, allora?
Vivere e lavorare in Italia è tutt’altro che semplice di questi tempi, per le donne, giovani o meno giovani, con figli o anche solo per la semplice possibilità di averli sta diventando insostenibile. Forse è il momento che le nostre parlamentari si impegnino trasversalmente per adeguare alle esigenze attuali, per esempio, la disciplina posta a tutela delle donne lavoratrici dipendenti – oggi vissuta come un ostacolo all’assunzione delle donne – introducendo criteri di flessibilità ed incentivi. Le nostre parlamentari si dovrebbero impegnare seriamente perché l’Italia non sia costantemente sotto la media europea in tutti i settori di impiego femminile (con l’unica eccezione delle coraggiosissime partite IVA), perché almeno a livello di studi comparativi si prendano in considerazione gli effetti dell’applicazione del coefficiente familiare.

Questo approccio vale anche in politica?
Come donna che lavora e che ha assunto anche un impegno politico attivo, ogni giorno mi confronto con qualcuno che non manca di ricordarmi che in fondo sono solo una “donna” quasi come se certi ruoli e certi temi fossero appannaggio esclusivo del club del sigaro e so benissimo quanta determinazione è necessaria per ricacciare indietro ogni singola battuta, so che ancora oggi una donna deve dimostrare di valere il doppio di un collega uomo per ottenere un po’ più della metà degli stessi riconoscimenti. Tuttavia, se il percorso di riforma e di cambiamento non sarà più che serio, il sostrato culturale che oggi relega molte donne a posizioni marginali non verrà minimamente cambiato. Se non conquisteremo gli spazi salendo tutti i gradini necessari, ma approfittando di scorciatoie di legge, non saremo mai credibili e questo a parer mio continuerà a pesare sulle future generazioni.

Però Renzi un segnale positivo sembra averlo dato, anche concretamente, nel suo modo di fare politica…
Quando Renzi tutto contento ha annunciato che per la prima volta nel suo staff ristretto le donne erano in numero superiore agli uomini… dentro di me ho subito pensato: ecco non cambia proprio nulla. Fino a che le donne si sbandierano come vessilli di conquista e di supposta emancipazione, i segnali restano negativi. Avrei nettamente preferito che avesse detto: “Ecco vi presento il mio staff, ho scelto i migliori”.

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