Autorità,
Signori e Signore,
Buongiorno a tutti.
Desidero ringraziare tutto il Consiglio Regionale dell’Abruzzo per il riconoscimento che avete deciso di conferirmi.
Grazie, in particolare, al Presidente Pagano, anche per le sue parole di introduzione.
Lasciatemi dire, però, che sono così tanti i meriti che voi oggi attribuite a un uomo solo.
Ma nulla di ciò che la Fiat è stata in grado di fare sarebbe stato possibile senza il contributo di altre centinaia di migliaia di persone nel mondo, che ogni giorno alimentano questa azienda con la loro passione e le loro qualità, umane e professionali.
Per me è un onore accettare questo premio a nome loro, dei 300.000 lavoratori di Fiat, Chrysler e CNH Industrial.
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Ricevere questo riconoscimento – e dalla mia terra – rende la giornata di oggi carica di significati, anche e specialmente a livello personale.
Ma preferisco parlarvi prima di cosa rappresenta per tutta la Fiat, e per cui vi siamo grati.
Sapete che se c’è una cosa che mi caratterizza – oltre al maglione nero – è quella di parlare chiaro.
Non sempre aiuta a farsi nuovi amici, o a tenersi quelli vecchi.
Ma credo aiuti ad essere diretti ed onesti.
Non possiamo nasconderci, oggi, che continuano ad esserci letture contrastanti e talvolta polemiche intorno ad alcune scelte che abbiamo fatto; scelte di rottura col passato.
E continuano anche a resistere nel Paese tanti pregiudizi intorno alla Fiat, sulla qualità dei nostri modelli, su un’azienda monopolista e assistita dallo Stato, su una presunta ingerenza nella vita politica.
L’immagine della Fiat è rimasta, per tanta parte dell’opinione pubblica, un riflesso di quello che era negli anni Sessanta.
Qualcuno alimenta questa distorsione della realtà in modo consapevole e pretestuoso.
Ma la maggior parte degli italiani lo fa in buona fede, pensando che davvero la Fiat sia ancora quella che i loro genitori o i loro nonni ricordano.
Il ritmo del cambiamento che la Fiat ha seguito è stato così veloce che, in qualche modo, ha contribuito ad ampliare la distanza col Paese.
Così, per molti, questa è rimasta mamma-Fiat, vecchiotta, fuori moda e un po’ ingombrante, di cui nei discorsi da bar si parla come fosse un peso.
Ma credo che quando voi date un premio come quello di oggi, dimostrate di apprezzare gli sforzi che la Fiat ha fatto negli ultimi dieci anni, per uscire da un isolamento che ne avrebbe pregiudicato il futuro.
Premiate la cultura del cambiamento che è stata introdotta in azienda e che ha reso possibile realizzare cose che fino a poco prima non erano neppure immaginabili.
Riconoscete che quel cambiamento è stato cruciale più di una volta.
Nel 2004, per strappare l’azienda dall’estinzione.
E poi, nel 2009, quando, di fronte alla crisi e alle crescenti difficoltà del mercato europeo, abbiamo adottato una prospettiva diversa, trovando un’opportunità straordinaria nell’alleanza con la Chrysler.
La verità è che in meno di un decennio abbiamo creato dalle potenziali ceneri di un costruttore italiano un gruppo automobilistico con un orizzonte globale.
Nel 2004 la Fiat era un’azienda concentrata in Europa e ripiegata su se stessa, un produttore di auto dalle dimensioni modeste, che aveva perso il senso della competizione e della sfida. E perdeva oltre un miliardo di euro l’anno.
Oggi siamo un gruppo con una presenza ampia e diversificata sui mercati di tutto il mondo. Siamo un gruppo solido, capace di generare significativi profitti, nonostante le perdite collegate ai marchi generalisti in Europa. E insieme a Chrysler siamo diventati il settimo costruttore mondiale.
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Per questo, credo che voi oggi premiate anche la sfida verso il nuovo che la nostra azienda ha abbracciato.
La Fiat di oggi ha imparato ad accettare le incertezze e gli stimoli associati alla competizione, ha imparato ad adeguare le proprie strategie ai venti del mercato, è in grado di reagire ad una crisi senza lasciarsi sopraffare.
Lo stiamo facendo di nuovo, ripensando in parte il nostro business e sfruttando il patrimonio storico dei nostri marchi premium.
Questa strategia ci permetterà di contrastare gli effetti del crollo della domanda di auto in Europa, che è ai livelli più bassi degli ultimi due decenni.
Ci permetterà, allo stesso tempo, di avviare nuove produzioni nei nostri stabilimenti italiani, destinate a servire i mercati di tutto il mondo.
Si tratta di un atto di coraggio contro il declino.
E’ un gesto di fiducia verso il futuro.
Lo abbiamo fatto a Pomigliano, trasferendo la produzione della Panda dalla Polonia e creando uno stabilimento modello, che oggi è riconosciuto da tutti come il migliore d’Europa, il primo ad aver ottenuto la medaglia d’oro nel World Class Manufacturing.
Lo abbiamo fatto a Grugliasco, rilevando un impianto che non produceva più nulla da sei anni, investendo oltre un miliardo di euro per rimetterlo a nuovo e avviando la produzione della Maserati Quattroporte e della Maserati Ghibli.
Lo stiamo facendo a Melfi, investendo un altro miliardo di euro, per iniziare a produrre la Fiat 500X e una vettura del marchio Jeep, che dal prossimo anno saranno vendute nei mercati internazionali.
Lo stiamo facendo qui in Abruzzo, alla Sevel, per potenziare lo stabilimento come polo di eccellenza produttiva per le future versioni del Ducato destinate ai mercati di tutto il mondo.
E il mese scorso abbiamo annunciato nuovi investimenti anche per lo stabilimento di Mirafiori.
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Alla luce di tutto ciò, penso che quello di oggi sia anche un premio ai valori che guidano le nostre scelte.
La tenacia, che ci ha sempre spinti a non arrenderci, neppure di fronte alle drammatiche condizioni dei mercati in Italia e in Europa, ma che ci stimola a cercare nuove soluzioni.
Il senso di responsabilità, verso le nostre persone e il nostro Paese, che ci porta a investire in una fase ancora così critica, quando la prudenza suggerirebbe di aspettare.
L’apertura culturale, che è forse l’elemento più prezioso nel progetto d’integrazione che stiamo portando avanti tra le due sponde dell’oceano. Un’alleanza che si basa sul rispetto reciproco e che trae la propria forza nel riconoscere e valorizzare il contributo delle diverse esperienze, tradizioni e identità.
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Questi sono i valori della Fiat di oggi.
Sono valori che l’Abruzzo, la mia gente, voi tutti conoscete bene.
E’ qui, in questa terra, che li ho imparati da ragazzo, e sono diventati per me una guida e un riferimento, in tutti i momenti importanti della mia vita.
Sono nato non molto lontano da qui, all’ospedale di Chieti.
A Chieti ho frequentato le scuole elementari e le medie.
Lì ho vissuto fino a 14 anni, in un periodo della vita in cui si forma il carattere.
Un periodo in cui ho imparato a superare le piccole e grandi paure dell’infanzia e dei primi anni da adolescente.
Poi la mia famiglia ha deciso di andare in Canada.
Non è mai facile allontanarsi dalla propria casa, dalla propria gente, dalle proprie radici.
Lo sanno bene anche tutti quegli abruzzesi che nel Dopoguerra hanno lasciato la loro terra in cerca di lavoro e di nuove opportunità.
Ne ho conosciuti tanti in giro per il mondo, in questi anni.
Uno degli incontri che mi è rimasto più impresso è stato a Detroit, tre anni fa, quando ho partecipato ad una serata di beneficenza organizzata dalla Federazione Abruzzese del Michigan, per raccogliere fondi a favore dei loro concittadini colpiti dal terremoto.
In quelle persone, lontane quasi 8.000 chilometri dalla loro terra, ho ritrovato i tratti “forti e gentili” del mio Abruzzo, ho rivisto le straordinarie qualità della mia gente.
Penso alla tenacia, al senso del lavoro, all’orgoglio di fare le cose e farle bene.
Penso al rispetto tra le persone.
E penso anche alla solidarietà e alla generosità nei momenti difficili.
Queste qualità hanno permesso agli abruzzesi di trasformare una regione, che era tra le più povere dell’Italia del Dopoguerra, in una delle più fiorenti del Paese.
Le stesse qualità hanno guidato gli abruzzesi dopo il terremoto, quando avete reagito con forza e grande dignità, prendendo in mano il vostro destino e tornando a costruire il futuro.
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Per chi, come me, è abituato a vivere e lavorare in diverse parti del mondo, è importante ogni tanto sapersi fermare.
Aiuta ad avere una dimensione umana del percorso fatto.
Le esperienze che ho compiuto durante la mia vita – fin da quando ho dovuto lasciare la mia terra per un Paese allora sconosciuto – sono state tutte importanti per la mia crescita professionale e personale.
Ma per quanto lontano si vada, rimangono dei punti fermi importanti.
Per me l’Abruzzo è sempre stato uno di questi.
Qui ci sono la mia casa, la mia gente, i miei ricordi.
Torno ogni volta che mi è possibile, per trovare i molti parenti che abitano ancora nei paesi tra Chieti e Pescara, e per ritrovare luoghi e volti familiari.
Ovviamente, torno anche per ragioni di lavoro, per andare allo stabilimento di Atessa.
Proprio all’inizio di luglio ero in Sevel, a incontrare i nostri lavoratori ed annunciare nuovi investimenti per lo stabilimento.
Allora, come ora, convivono due stati d’animo.
Quello dell’amministratore delegato, che celebra uno stabilimento modello o riceve un premio per una storia di successo costruita da un gruppo di leader.
E quello dell’uomo che torna alle proprie radici.
La giornata di oggi, come quella di tre mesi fa in Sevel, mi ricorda il privilegio che ho nel guidare la Fiat in questa fase nuova di trasformazione straordinaria.
E mi ricorda soprattutto le sfide che ho affrontato, le paure che ho superato, la forza che ho dovuto trovare nelle situazioni difficili, le persone che mi sono state vicine nei momenti duri e che mi hanno insegnato ad essere migliore.
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Come ho detto ai nostri lavoratori tre mesi fa, credo che l’Abruzzo e il nostro stabilimento di Atessa possano offrire una direzione per il futuro.
La Sevel – creata da un prato verde, in una zona che, pur essendo ricca di bellezze naturali, veniva chiamata “la valle dei morti”, perché i giovani erano costretti ad emigrare in cerca di lavoro – è riuscita a macinare un record dopo l’altro.
E’ diventato il più grande stabilimento di veicoli commerciali in Europa, tra i più moderni ed efficienti al mondo.
Anche l’Abruzzo è una dimostrazione che c’è speranza, per quello che ha sempre dimostrato di saper fare, anche e soprattutto nei momenti più duri.
La tenacia degli abruzzesi – quella caparbia fiducia nel futuro che mio padre mi ha lasciato in eredità – è qualcosa di radicato nella gente di qua.
Non ho mai visto un abruzzese arrendersi.
Non l’ho mai visto aspettare che arrivasse un salvatore da chissà dove a regalargli un domani migliore.
Gli abruzzesi cadono e si rialzano da soli, non perdono tempo a lamentarsi, ma fanno, producono, ricostruiscono.
Credo che questo sia l’atteggiamento di cui ha bisogno l’Italia oggi.
Grazie ancora, di cuore, per l’onore che avete reso alla Fiat oggi e anche per avermi regalato una giornata speciale.