“La potenza non consiste nel colpire forte o spesso, ma nel colpire giusto”
(Honorè de Balzac)
Il costo della corruzione in Italia è stimato (secondo me per forte difetto) in circa 60 miliardi l’anno. Parliamo di almeno 4 punti di PIL e, cosa se possibile anche più grave, cuba il 50% dell’intero costo della corruzione in Europa. Lo confermano gli interessantissimi dati pubblicati oggi dalla Commissione UE.
Niente che non sapessimo già, sia chiaro. Quello che semmai fa specie è come questi argomenti siano di fatto quasi assenti dal dibattito pubblico nel quale trovano spazio per mezza giornata, quando qualcuno ci sbatte i dati in faccia, pronti a tornare rapidamente nel dimenticatoio appena chiusi i giornali.
Al di là del costo in sé, la corruzione è uno dei grandi macigni che dovremmo rimuovere dalla strada di uno sviluppo equo e sostenibile nel tempo. Anche perché la corruzione è un veleno nel sangue dell’economia, perché premia le strutture più inefficienti, a tutto danno di quelle più dinamiche e capaci di innovare, che vengono ingiustamente penalizzate e non riescono a emergere.
Ma il problema della corruzione, soprattutto in Italia, non è combattere quella che potremmo definire “grande”. Dobbiamo essere realisti e pragmatici: un tasso percentuale minimo (qualcuno dice fino ad un massimo del 5% dei costi totali) è connaturato a qualsiasi processo economico competitivo (soprattutto nei grandi business) perché viene normalmente incorporato in quei costi fissi che un soggetto (comunque disonesto) considera utili per raggiungere lo scopo attraverso l’influenza esercitata su chi esercita il processo decisionale. I dati ci dicono che non ne sono esenti grandi Paesi come la Germania o gli USA, l’Inghilterra piuttosto che Singapore, un Paese serissimo dove si rischia il carcere anche solo per una sigaretta buttata per terra.
No, non è questa corruzione che dobbiamo combattere. Sarebbe bello ed auspicabile vivere in un mondo di persone oneste ma è, sul piano pratico, poco realistico. E’ un falso bersaglio. Il problema vero è un altro (un po’ come succede nell’evasione fiscale) ed è quello che succede nelle fontane rinascimentali: l’acqua scende dall’alto verso il basso in una serie di vasche sempre più larghe. E’ quello il meccanismo da fermare, quello della corruzione odiosa diffusa a macchia d’olio, quella del piccolo impiegato della ASL o del comune, tipica del nostro Paese. E’ quella che rende consistenti i dati essendo, fra l’altro, solo “frizionale”, ovvero senza dare nemmeno vantaggi competitivi.
Combattere la corruzione è possibile, anzitutto rimodulando e semplificando il fisco e dando vita a un sistema di interessi sociali ed economici contrapposti che svuoti i serbatoi che la corruzione alimentano. Volendo usare una metafora, per evitare i danni del fumo, è necessario che nessuno voglia che altri fumino, e non che siano colpite due grandi multinazionali del tabacco.
È questa la vera grande opera di cui ha bisogno il Paese, perché a regime porterebbe benefici a tutti. Per realizzarla, però, la prima pietra da posare è che se ne cominci a discutere davvero e, finalmente, in questi termini…