Ieri sera mi trovavo a Copenhagen per affari. Tornato in hotel, per surrogare l’arrivo di Morfeo che non voleva saperne di spingersi fino a quelle latitudini preferendogli l’Ellade – il mondo globalizzato della mitologia classica – ho acceso la televisione per stordirmi con i programmi danesi. Arrivato sul canale numero 9 arresto lo zapping di fronte a uno spot della Toro. La Toro commercializza preparati per fare la pizza in casa. Lo spot mostra un’allegra famigliola in una delle loro case piene di vetrate, chissà dalle parti di Rundetarn, dove nacque e visse Climacus, dove su tanto di briula e scaniaturi di design nordico mamma e figlio stirano la sfoglia prima di pennellarla di pomodoro.
Allo spot della Toro, poi, segue quello di una carta di fidelizzazione che tra i premi per i più fedeli acquirenti presenta una selezione di vini toscani. La promozione delle etichette è impreziosita da fotografie della collina senese, provando a indovinare, dal belvedere di Pienza da dove la campagna si vede a perdita d’occhio.
Rimango sul canale 9, quindi, curioso e, alla fine del treno di spot, ecco che inizia un film: “The Sicilian”. Già, il film di Cimino su Salvatore Giuliano.
Il film in inglese con sottotitoli in danese, con tutte quelle “A” con il pallino sopra, va in onda nella versione censurata. E per un paio d’ore nella piatta, ventosa, fredda, organizzatissima e perfettisima Danimarca entra attraverso la TV un pezzo di storia siciliana tra le più controverse. Che effetto è stato vedere passare e ripassare sul video tra i sottotitoli il nome di “Aspano” (Gaspare Pisciotta). Me la ridevo nel letto coperto dal piumone infilato in un lenzuolo fatto preservativo, che ti fa rimanere i piedi sempre di fuori, pensando a cosa avrebbe capito l’irreprensibile danese medio di fronte a quelle facce, a quei dialoghi. Chissà se avranno capito che Aspano è il diminutivo di Gaspare.
Io in Italia su nessun canale ho mai visto lo spot di un dolce, di un pane, di un vino Danese. Non conosco di nessun bandito Danese di cui è stata raccontata la storia, di cui è stato fatto un film tradotto in altre lingue e distribuito in Italia.
Tutto questo per dire che forse il Procuratore della Corte dei Conti del Lazio non ha proprio tutti i torti a lamentarsi con le Agenzie di Rating. Molti marchi di aziende italiane stanno finendo nei portafogli azionari di gruppi e fondi stranieri, certo, ma l’Italia rimane in Italia con pizza, vino e Aspano.