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La crisi delle fondazioni liriche

Nove o dieci fondazioni liriche su 13 sono in stato di crisi e sono corse al capezzale del Ministro Bray e del Commissario nominato per facilitarne il risanamento ai sensi della legge 112 del 7 ottobre 2013 che prevede prestiti agevolati per la riorganizzazione delle fondazioni sulla base di questi principi:
a) la rinegoziazione e ristrutturazione del debito della fondazione;
b) l’indicazione della contribuzione a carico degli enti diversi dallo Stato partecipanti alla fondazione;
c) la riduzione della dotazione organica del personale tecnico e amministrativo fino al 50% di quella in essere al 31 dicembre 2012 e una razionalizzazione del personale artistico;
d) il divieto di ricorrere a nuovo indebitamento, per il periodo 2014-2016;
e) l’indicazione dell’entità del finanziamento dello Stato richiesto per contribuire all’ammortamento del debito;
f) l’individuazione di soluzioni idonee, compatibili con gli strumenti previsti dalle leggi di riferimento del settore, a riportare la fondazione, entro i tre esercizi finanziari successivi, nelle condizioni di attivo patrimoniale e almeno di equilibrio del conto economico;
g) la cessazione dell’efficacia dei contratti integrativi aziendali in vigore e l’applicazione esclusiva degli istituti giuridici e dei livelli minimi delle voci del trattamento economico fondamentale e accessorio previsti dal vigente contratto collettivo nazionale di lavoro.

PROCEDURE SULL’ATTENDIBILITÀ

I piani di risanamento corredati di tutti gli atti necessari a dare dimostrazione della loro attendibilità, della fattibilità e appropriatezza delle scelte effettuate, nonché dell’accordo raggiunto con le associazioni sindacali maggiormente rappresentative in ordine alle questioni relative al personale, saranno poi approvati, su proposta motivata del commissario straordinario, sentito il collegio dei revisori dei conti, con decreto del Ministero dei Beni ed Attività Culturali e del Turismo (MIBACT), di concerto con il ministro dell’Economia e delle finanze (di seguito MEF).Le fondazioni lirico-sinfoniche che non hanno presentato o approvato il piano di risanamento, ovvero che non abbiano raggiunto entro l’esercizio 2016 condizioni di equilibrio strutturale del bilancio, sia sotto il profilo patrimoniale che economico-finanziario, del conto economico saranno poste in liquidazione coatta amministrativa.
In breve una medicina non facilmente digeribile da parte di alcune organizzazioni sindacali.

IL CASO DEL TEATRO DELL’OPERA DI ROMA

Lo si è toccato con mano al Teatro dell’Opera di Roma dove l’atteso dittico L’heure espagnole e L’enfant et les sortilèges di Maurice Ravel, in coproduzione con il Festival di Glyndebourne ha avuto solo quattro repliche. La produzione ha segnato il debutto romano del regista Laurent Pelly, nome di prestigio sulla scena internazionale, ed il ritorno di Charles Dutoit, una delle migliori bacchette francesi. Affascinanti le scene e divertenti i costumi degli animali e degli oggetti (che si animano e diventano protagonisti). Si era anche pensato – gli scioperi alle prime vogliono dire perdita di abbonati – di fare lo spettacolo con l’accompagnamento solo del pianoforte, ma il pianista era tra gli scioperanti, non se ne è trovato un altro che conoscesse le due partiture e Dutoit è di formazione violinistica. Quindi, tutti a casa.

SITUAZIONE FINANZIARIA

La situazione finanziaria della fondazione romana è gravissima. Il 9 gennaio, a dieci giorni dal suo insediamento, il nuovo Sovrintendente, Carlo Fuortes, ha convocato una conferenza stampa per fare un’operazione verità sulla situazione finanziaria dell’ente. «Il pre-consuntivo 2013 – ha detto mostra un disavanzo di 10 mi­lioni di euro su un budget di circa 50 milioni di euro». Le determinanti sono un aumento dei costi del 10% (rispetto al preventivo) e una contra­zione dei ricavi di 4,2 milioni di euro. «Negli ultimi tre anni la situazione è gradualmente peggiorata, con un tracollo della biglietteria». Le tabelle fornite mostrano altri aspetti inquietanti: forte indebita­mento con il fisco e con gli istituti previdenziali, fornitori che attendono di essere pagati, numero dei dirigenti dimezzato (da 4 a 2) ma con un costo più che raddoppiato, una pianta organica (ora decaduta) molto più ampia di teatri le cui recite sono quat­tro volte quelle dell’Opera di Roma.

IL RUOLO DEI SINDACATI

Occorre precisare che non tutte le sigle sindacali hanno aderito allo sciopero (che ha comportato anche l’annullamento sia della prima del dittico di Ravel sia del concerto in programma in 31 gennaio). Da un lato Slc-Cgil, Fials-Cisal, Libersind-Confsal confermano il blocco di tutte le prime in programma, compresa la tournée in Giappone. Dall’altro, la Uilcom ha preso le distanze. «In questi ultimi anni – sostiene la Uilcom – il teatro è stato governato come fosse una colonia da utilizzare per interessi che nulla hanno a che vedere con la produzione di arte, musica e spettacoli. Dietro la copertura, discutibile, di alcuni personaggi reputati a livello internazionale, alcuni sindacati hanno difeso e avallato ogni scelta per trarne un consociativismo volto a interessi diversi da quelli aziendali. Tali determinazioni hanno portato al tracollo economico e finanziario ben evidenziato dalla attuale dirigenza». Insieme alla Uilcom anche la Fistel Cisl di Roma e del Lazio ha preso le distanze dallo sciopero, definendo irresponsabili le sigle che l’hanno proclamato. «La loro rappresentanza è veramente minimale, anche se coinvolge componenti dell’orchestra», sostiene la Fistel Cisl, che ricorda invece come all’Opera si sia «aperto un tavolo di confronto dove la Fondazione espone un percorso di gestione dei contenuti della legge e un piano di salvataggio e di rilancio del teatro».

 


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