Tra poco, in Sardegna, si terranno le elezioni regionali che andranno a determinare la composizione dell’assemblea dell’Isola.
Ormai si è agli sgoccioli: il 16 febbraio i sardi andranno al voto e i candidati presidenti, in questi giorni, si fanno supportare dai loro alleati continentali, ovvero, i presidenti o segretari di partito.
Tralasciando per un attimo le forze indipendentiste e sovraniste in campo, il Partito Democratico si fa forte dell’appoggio di Matteo Renzi come Forza Italia di quello di Berlusconi
E d’accordo, si metta da parte anche il fatto che Berlusconi si fosse collegato con Alghero ma pensava stesse parlando con la popolazione di Aquileia (un tantino più in là sulla carta geografica).
Comunque sia, le commistioni continentali si fanno isolane e quelle sarde si fanno italiane e, a determinazione effettiva di ciò, tutto con un fine puramente elettorale, sabato 8 a Sassari c’era Renzi con Pigliaru ad arringare la folla.
Per quanto lo possa fare un segretario di partito che usa metafore, eloqui ed espressioni riassumibili nell’espressione da lui usata “La Sardegna è come l’Italia, una macchina ferma con le 4 frecce in attesa di ripartire”. Incitando, dunque, al voto per la coalizione di centrosinistra.
Così, infatti, sembra strano che Renzi dica “ho grande rispetto per Sassari, per il valore di questa città che ha dato i natali a due presidenti della Repubblica, ed è la città del segretario del partito comunista Enrico Berlinguer“, non per i sassaresi e per l’omaggio alla città, sia chiaro.
Renzi, giovane rampollo democristiano, è costretto a ricordare ‘Uno’ che avrebbe avversato in tutti i modi dialetticamente e con posizioni sideralmente distanti. Anche perché è di Renzi, seppur di qualche mese fa, l’espressione liberismo di sinistra.
Prescindendo, di nuovo, dall’eloquio renziano e dalle metafore usate, dal fatto che “Il Migliore” Palmiro Togliatti usava discorrere con espressioni del tipo “la scure è posta alle radici dell’albero e ogni albero che non fa buon frutto deve essere gettato nel fuoco. La scure posto ormai alle radici di questo albero è questo albero deve cadere e cadrà”; il segretario del Partito Democratico è quanto mai distante da quelle storie.
Mi spiego meglio: ad una assemblea in ricordo di Enrico Berlinguer, il direttore di ‘Liberazione’ Dino Greco, ha iniziato così il suo intervento: “La vulgata liberal-democratica del PD sta facendo in modo che la figura di Berlinguer possa passare ai posteri come un italiano buono, che ha fatto cose altrettanto buone, che era solidale con la classe lavoratrice. NO! Berlinguer era un comunista e se andava fuori dai cancelli delle fabbriche, come a Mirafiori, si fermava tutto!“.
E, mentre lo ascoltavo, mi ritornava in mente una canzone popolare riadattata da Giovanna Marini e Francesco de Gregori: “L’attentato a Togliatti”.
In quell’occasione, quella dell’attentato, senza bisogno neanche di un ipotetico tam-tam, le classi lavoratrici italiane si fermarono tutte incrociando le braccia
Tanto che la canzone va concludendosi con questi versi: “l’Onorevole Togliatti auguriamo/che ritorni ben presto al suo posto/a difendere al paese nostro/l’interesse di noi lavorator.”
Proprio per questo: lasciate stare da una parte il Pci, lasciamo stare Berlinguer e non prestiamo la sua figura a riabilitazioni di tipo liberal-democratico.
Anche perché, chi prova a screditare Berlinguer possiede due argomenti: il compromesso storico e il suo essere troppo poco comunista, con posizioni di destra all’interno del Partito.
Ebbene, ad entrambe le obiezioni, Berlinguer risponde da solo, seppur non ci sia più.
Risponde con le parole pronunciate davanti a Breznev (!!!!!) il 26 febbraio 1976 durante il XXV congresso del Pcus (Partito Comunista dell’Unione Sovietica):
“L’attualità del problema del socialismo ci impone anche di indicare con assoluta chiarezza quale socialismo noi riteniamo necessario e il solo possibile per la società italiana. Noi ci battiamo per una società socialista che sia il momento più alto dello sviluppo di tutte le conquiste democratiche e garantisca il rispetto di tutte le libertà individuali e collettive, delle libertà religiose della libertà della cultura, delle arti e delle scienze. Pensiamo che in Italia si possa e si debba non solo avanzare verso il socialismo, ma anche costruire la società socialista, con il contributo di forze politiche, di organizzazioni, di partiti diversi e che la classe operaia possa il debba fermare la sua funzione storica in un sistema pluralistico e democratico”.
Proprio per questo, caro Renzi, caro Partito Democratico, lasciate stare Berlinguer.
Voi siete ben altra (e poca!) cosa rispetto a Berlinguer, Gramsci e Togliatti.
Anzi, proprio un’altra.