Mercoledì 12 febbraio compie ben 90 anni. “Cosa augurarle? Di riavvicinarsi al suo fondatore, dal quale oggi e’ lontanissima, per riprenderne il pensiero e le intuizioni, davvero straordinarie, come l’egemonia culturale, in alternativa alla rivoluzione”.
Lo storico e Presidente della Fondazione ‘Pietro Nenni’, Giuseppe Tamburrano, autore di una delle primissime bibliografie critiche, ‘Antonio Gramsci’, edita da Laicata nel ’63 e poi da Sugarco nel ’77, dove mise in luce, attraverso l’analisi delle lettere di Gramsci alla moglie Julia, la ‘rottura’ politica e personale di Gramsci con Palmiro Togliatti – non ha alcun dubbio: “l’Unita’ deve ritornare alle idee e agli ideali di Gramsci”.
Di Gramsci, Tamburrano e’ stato uno studioso molto attento e ancora oggi interessatissimo: la sua ‘bibliografia critica’ gli costo’, a suo tempo, stroncature e censure anche aspre, per aver osato fare luce sui rapporti tra “il prezioso detenuto” e il Migliore: oggi il dissidio fino alla rottura tra i due, e’ un dato acquisito, da parte di molti e autorevoli storici.
La rottura, secondo Tamburrano, avvenne nell’ottobre del 1926 quando Gramsci era segretario del Pdci e Togliatti ne era il rappresentante in Urss. Gramsci scrisse, a nome dell’esecutivo, una dura e critica lettera sui metodi autoritari di Stalin nella lotta, dispotica, contro le minoranze. Togliatti quella lettera non la fece mai pervenire a destinazione: tra i due fu rottura politica e personale. Anni dopo, il dissidio tra Gramsci in carcere e Togliatti si aggravo’ sulla politica di unita’ dei partiti antifascisti in relazione alla costituente democratica: Gramsci era favorevole ma Togliatti resto’ fermo alla linea del socialfascismo nei confronti dei partiti antifascisti ed in particolare dei socialisti. Gramsci fu così espulso dal collettivo del carcere di Turi, e cioe’ dal partito. Con tali precedenti, si capisce bene che Togliatti, che sta liquidando l’opposizione interna del ‘gruppo dei tre’ [Leonetti, Ravazzoli, Tresso] e poi di Silone, non ha interesse ad avere ‘tra i piedi’ un dirigente del peso di Gramsci che e’ in totale disaccordo con lui. Si puo’ spiegare cosi’, e’ la tesi di Tamburrano, il tradimento di Togliatti: sa che un Gramsci con quelle idee sta meglio nel carcere fascista che nella Russia staliniana.
Insomma, un Gramsci che nel duro e crudele carcere fascista rivede le sue impostazioni iniziali per approdare ad una linea politica di ricomposizione della sinistra?
“Gramsci e’ stato un autentico leninista, direi puro ed altrettanto un critico frontale dello stalinismo: negli anni del carcere, lentamente ma decisamente, avvia una profonda autocritica che lo porta a prendere le distanze dalla rivoluzione d’ottobre perche’ capisce che, in Occidente e in Italia, non e’ praticabile la presa del Palazzo d’inverno, il colpo di mano. La realta’ sociale dell’Urss non e’ quella dell’Occidente: coglie una differenza sostanziale che lo porta a rivedere l’impianto teorico”.
E con cio’ allora si avvicina o si riavvicina agli altri partiti antifascisti, democratici e socialisti?
“Teorizza l’egemonia culturale: e’, questa, la via maestra per la conquista del Potere, in alternativa alla rivoluzione d’ottobre. Vale a dire punta alla conquista dell’adesione e del consenso della gente, delle loro menti ed animi mediante un’ampia e diffusa opera d’acculturazione e di persuasione delle masse da parte del Partito, che e’ l’intellettuale collettivo: la gente deve capire di essere sfruttata dalla classe dominante. E quindi il proletariato puo’ assurgere a classe dirigente nella misura in cui riesce, lo dice chiaramente, a creare un sistema di alleanze di classe che gli permetta di mobilitare contro il capitalismo e lo Stato borghese la maggioranza della popolazione lavoratrice”.
Tornare a Gramsci e alla sua egemonia culturale e’ dunque il tuo augurio per ll 90esimo dell’Unita’, come ha indicato piu’ volte il suo socio di riferimento Matteo Fago?
“Si’ e’ questo il mio augurio per il 90 anni dell’Unita’: oggi leggere, riflettere, ripensare a Gramsci e’ non solo un augurio ma un’imperativo se si vuol sperare nel sol dell’avvenire…”