In queste settimane, tra le tante cose accadute e di cui ho già abbondantemente parlato, spicca per importanza la decisione del M5S di proporre la messa in stato d’accusa per il Presidente Giorgio Napolitano.
Il documento è stato bocciato oggi dal Comitato Parlamentare con 28 voti favorevoli all’archiviazione e 8 contrari, ed è stato valutato “manifestamente infondato”. Formalmente la procedura di impeachment di Napolitano non è nemmeno cominciata, nei fatti però, il Presidente è già sul banco degli imputati, anzi è già sotto processo.
Quello che sta accadendo in queste ore ha dell’incredibile: il caso Napolitano ha acquistato ormai una rilevanza internazionale, e dunque è imperativo interrogarsi sulle cause esplicite e implicite di questa situazione.
Il giornalista americano Alan Friedman “scopre” che già nel giugno 2011 il Presidente Napolitano aveva contattato il Prof. Mario Monti, nominato Senatore a Vita e successivamente, come noto, Presidente del Consiglio di un governo tecnico. Il giornalista, nel video allegato poco sopra, ipotizza che Napolitano abbia preso un’iniziativa “non legittima” si può dire, poiché le consultazioni da lui fatte con il futuro Presidente Monti erano precedenti alla crisi politica del governo Berlusconi. Friedman dice, infatti, che non c’era ancora un crisi politica bensì “una crisi economica“.
Non sono il primo a interrogarsi, in queste ore, su questa faccenda. Ci sono ipotesi di vario tipo, ma la domanda comune è “perché proprio ora, dopo la richiesta di impeachment del M5S, escono queste informazioni su Napolitano?” e soprattutto “perché Friedman si interessa a questo caso?“.
Il caso in queste faccende, dicono alcuni, non c’entra mai. Ci sono cose troppo particolari e i tempi sono così ben incastrati che il dubbio di un “progetto” (o complotto) è plausibile. Alcuni hanno ipotizzato un tentativo chiaro di costringere Napolitano alle dimissioni così da liberare un posto in cui piazzare una personalità nota a tutti, che già da tempo era data come “papabile” per lo scranno più alto, ossia Mario Draghi.
Alle accuse e al fuoco incrociato (FI con Berlusconi e M5S con Grillo), il Presidente Napolitano ha dovuto rispondere e lo ha fatto con una lettera al Corriere della Sera: “solo fumo”, dice il Presidente. Siamo tutti d’accordo: Friedman ha scoperto l’acqua calda. Silvio Berlusconi era indigesto a tutti i leader politici già prima dell’estate 2011, ma in quel periodo l’acuirsi della crisi aveva davvero messo in luce la debolezza politica e pratica del governo guidato da Mr.B. e le pressioni esterne erano già molto forti: la credibilità dell’Italia era messa piuttosto male. E dunque, che cosa doveva fare il Presidente della Repubblica?
Friedman dice che “non c’era crisi politica, ma economica“. E una crisi economica non è un fatto sufficientemente grave da far preoccupare il Capo dello Stato? Non è forse un motivo sufficiente per spingere il Presidente della Repubblica a sondare il terreno e prepararsi ad alternative valide? Il Governo Berlusconi era indebolito già da tempo, come ricorda Napolitano stesso, da liti interne, proteste dei ministri, scandali e scissioni. In tanti, forse, si sono dimenticati di Gianfranco Fini e del tentativo fallito di affossare Berlusconi nel dicembre 2010. Tanto che nel febbraio 2011 era nata già una componente nuova denominata FLI, che si era avvicinata all’UDC con l’intento di creare un polo di mezzo come ago della bilancia (progetto miseramente fallito anche con il tentativo di Monti).
Il logoramento del Governo Berlusconi era palese. La vittoria di misura dovuta al passaggio di alcuni esponenti, tristemente famosi ormai, dal PD e IDV verso il PDL, aveva modificato la facciata della maggioranza. Niente si stava facendo in quei mesi se non giochi di potere e spostamenti di deputati e senatori con l’obiettivo chiaro di tirare a campare.
In questo scenario si muoveva il Presidente Napolitano e dunque era palese che doveva agire e anche lo smemorato Grillo lo incitava a intervenire ed era giugno 2011. Nelle prerogative del Capo dello Stato c’è la nomina del Presidente del Consiglio e dunque è lecito che abbia iniziato a fare consultazioni, seppur informali, per poter ipotizzare scenari politici alternativi. Inoltre, la conoscenza personale di Napolitano e Monti, rende lo scenario ancora più logico e plausibile: Mario Monti era il Presidente di una delle Università più importanti d’Italia, ha ricoperto ruoli di importanza cruciale nell’Unione Europea ed è considerato un grande economista, a torto o a ragione, e dunque poteva il Presidente della Repubblica non tenere una personalità come questa in considerazione?
Ribadisco, quindi, la mia idea: Napolitano non ha commesso niente contro la Costituzione né contro l’Italia. Napolitano ha utilizzato a fondo ogni prerogativa prevista dalla Costituzione e dunque non si può accusare il Presidente di aver fatto un colpo di stato, tanto meno con le premesse sopra esposte: con una crisi che nessuno voleva vedere, negata fino ad arrivare a dire che non esisteva perché i ristoranti erano pieni; con un Governo impegnato 24 ore su 24 a gestire i mal di pancia interni e non alle esigenze del Paese; con una fiducia da parte di Cancellerie estere e mercati finanziari verso l’Italia via via più debole. Ci ricordiamo il giorno delle dimissioni di Berlusconi? Per le strade la gente esultava. E non erano sparuti gruppi di persone, tanto che Mr.B. rimase male.
In tutto questo, però, manca un pezzo di storia: la questione economico-finanziaria non la vogliamo analizzare? Non vogliamo dire nulla sul declassamento operato dalle agenzie di Rating all’Italia?
Vediamo la cronologia: nel maggio 2011 (ben prima della crisi politica ufficiale) l’Italia è messa sotto osservazione da Standard & Poor’s, mentre nel giugno 2011 (periodo contestato a Napolitano) è l’agenzia Moody’s che mette l’Italia sotto osservazione. Nel settembre 2011 entrambe le agenzie declassano l’Italia, confermando che tra le cause c’è l’incapacità del governo di far fronte alla crisi. Una motivazione che Moody’s, per esempio, aveva messo in luce già nel giugno 2011.
Veniamo, allora, alle domande: possiamo incolpare il Presidente Napolitano dell’incompetenza del Presidente del Consiglio e del Governo di allora? Possiamo incolpare Napolitano se i Capi di Stato e di Governo d’Europa e non solo (penso ad Obama) lo hanno scelto come interlocutore affidabile in un momento di gravissima crisi economica? Dobbiamo risentirci del fatto che in un contesto globale come quello attuale, dove la finanza ha un ruolo, purtroppo, molto forte, il Presidente ha preso in serio conto la decisione delle agenzie di Rating di etichettarci come “inaffidabili”?
C’è, semmai, da chiedersi se le decisioni delle agenzie di rating non abbiano comportato un danno concreto al nostro Paese. Possiamo indagare senza sosta per cercare la responsabilità altrui, ma c’è sempre quella parte di responsabilità tutta italiana che non siamo mai disposti ad accettare: evasione fiscale, corruzione, opportunismo e inaffidabilità che ci portiamo dietro da decenni. Qui c’è una fetta consistente di colpe che non possiamo né scaricare sulle agenzie di rating, né su una Merkel perfida e crudele che ci fa lo sgambetto se può. A volte mi piacerebbe che ci fosse un po’ di autocritica, invece, stiamo sempre a cercare le colpe da altre parti: sono sempre gli altri i responsabile, chiunque sia l’altro.
Tuttavia, come ho già detto, Napolitano è sul banco degli imputati e la storia se ne ricorderà. Se dobbiamo fare una critica al Presidente, la si faccia allora sugli effetti delle sue scelte, che ribadisco sono state lecite e anzi, necessarie.
La nomina di Mario Monti come Presidente del Consiglio ha prodotto qualche cosa di positivo o di negativo? A due anni di distanza, quale è il bilancio di questo governo tecnico e del nuovo governo di larghe intese che Napolitano ha fortemente voluto?
Ecco, qua si apre un capitolo del tutto diverso, ampio e complesso, che deve essere analizzato attentamente ma al di là delle dietrologie, dei complotti e della fantapolitica. Così come lo si deve fare in un modo che non sia solo una chiacchiera da bar. Questo perché non sono amante delle ipotesi azzardate, dei complotti né delle macchinazioni internazionali.
La tesi di un complotto a danno di Napolitano per far entrare Mario Draghi, mi sembra poco plausibile. Anche la volontà di delegittimare dall’esterno, una personalità politica rispettata anche in Europa e negli USA, mi sembra poco plausibile.
Mi preoccuperei piuttosto di chi è in casa nostra, come sempre, e mi porrei delle domande da una prospettiva diversa: chi, in Italia, ha da guadagnare nello screditare Napolitano? Chi, in Italia, ha da guadagnare nel dire che Napolitano ha capovolto il voto delle elezioni 2008? Chi, in Italia, ha un interesse diretto a che Napolitano si dimetta anzitempo? Chi, in Italia, può macchinare una cosa di questo tipo?
Ecco, non ho risposte, ma solo domande. Non ho certezze, ho solo dubbi. Ma sarebbe interessante che i commentatori si ponessero domande anche da questa prospettiva, diciamo “interna”. Non vedo, personalmente, alcun interesse al di là delle Alpi per rovesciare Napolitano, anzi.
Allora proporrei di riflettere insieme su questi aspetti.