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La grande abbuffata della formazione professionale italiana

Quando si parla di lavoro ci sono due paroline magiche che ogni tanto compaiono e scompaiono a seconda della situazioni: si tratta della formazione professionale. Quante volte abbiamo sentito dire che il futuro di un Paese è nella sue capacità di fare formazione, di investire nella conoscenza, di riqualificare i lavoratori per garantirgli un lavoro? Quante volte abbiamo sentito a tal proposito richiedere sempre più soldi da investire? Tante volte, forse troppe.

Ogni tanto, però, vengono fuori i numeri della formazione professionale in Italia che ci dicono qual è la realtà vera e non quella fantasticata. Da una recente indagine dell’Isfol, l’organismo che fa capo al Ministero del lavoro e che si occupa del monitoraggio della formazione in Italia, emergono tante cose, ma una in particolare salta all’occhio.

Su 40 mila corsi di formazione professionale regionali realizzati con i soldi pubblici e che hanno coinvolto 670 mila allievi, il 70 % circa dei corsi erogati hanno riguardato due argomenti: informatica di base e sicurezza sul lavoro! Nello specifico, il 37,4% dei corsi ha riguardato l’informatica di base e il 29,1% la sicurezza sul lavoro.

Non ci siamo. La formazione professionale ha senso se permette di acquisire competenze e conoscenze utili e finalizzate ad apprendere un mestiere, una professione, oppure a rafforzare il proprio bagaglio di conoscenze. Ogni anno il rapporto Excelsior ci dice che mancano all’appello circa 100 mila occasioni di lavoro per mancanza di persone qualificate. Ebbene, i soldi della formazione professionale dovrebbero essere spesi per realizzare percorsi di formazione verso questi lavori che garantirebbero un’occupazione. La realtà, invece, è quella appena vista. Milioni di euro buttati, nella maggioranza dei casi in corsi di scarso valore.

Ma è così difficile fare una formazione coerente con le richiedete del mercato del lavoro? E’ impossibile indirizzare corsi e risorse verso competenze e professionalità spendibili per la propria occupabilità? Qualche settimana fa sono stati resi noti i risultati di un dossier realizzato da McKinsey su otto paesi dell’UE, dal titolo: “il viaggio tempestoso dell’Europa dall’educazione al lavoro”. L’Italia risulta all’ultimo posto per la capacità delle aziende di trovare i lavoratori giusti e con le competenze richieste. Questa difficoltà è riscontrata nel 47 per cento degli imprenditori intervistati. Un’ecatombe! Se la nostra formazione professionale continua a funzionare come abbiamo visto, tutto si spiega.

Ho un grande timore: tra quest’anno e il 2015 il piano garanzia giovani finanziato dall’UE prevede per l’Italia 1,5 miliardi. Che fine faranno questi soldi che servirebbero per trovare un lavoro o realizzare un corso di formazione adeguato ai giovani sotto i 24 anni?

Siamo all’alba di un nuovo Governo. La speranza è che almeno sui temi del lavoro i fatti facciano più rumore degli slogan.



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