Dunque, Renzi si appresta a varare una riforma al mese. Più che un ritmo da bersaglieri, un ritmo da ciclo biologico femminile. Ma l’esperienza insegna che la foga rischia di far fare brutte figure, anche a trent’anni!
Meglio sarebbe pensare a “far bene” le riforme che servono all’Italia. Sempre la velocità è nemica del bene quanto la perfezione. Anche il titolo V della Costituzione fu rivisto – male – sotto la minaccia della secessione leghista. Anche allora c’era bisogno di sezionare il secondo, di far presto, di bruciare le tappe. Ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Questa smania per la velocità è la cifra del nostro tempo. Insieme alla liquidità rappresenta lo zeitgeist dell’era post-moderna. Un sintomo della precarietà, dell’instabilità, dell’irrequietezza che permea l’homo sapiens-sapiens dell’ XXI° secolo.
Senza dubbio c’è del positivo in questa ansia di fuga da un presente inadatto, inospitale ed opprimente.
E in politica tutto si moltiplica, tutto viene portato al parossismo e la precarietà si fa spettro, spauracchio, convitato di pietra.
Renzi lo sa: se non agirà subito, sarà vittima – come lo è stato Letta – del prossimo pugnalatore “di necessità”.
L’Italia ha bisogno di risposte: chiunque saprà dargliele – al di là delle modalità più o meno ortodosse con cui si affaccerà al potere – sarà il benvenuto.
Siamo a questo punto, purtroppo! E la colpa è di tutti. Non c’è Letta, Monti o Berlusconi che tenga. Il ladro è colpevole quanto il palo. Ogni popolo ha la classe politica che si merita e la situazione socio-econimca che si è costruito.
Altro che interesse comune. La tanto “venerata” e “osannata” velocità è una necessità (l’ultima polizza assicurativa) di un potere che oggi si chiama Renzi e domani chissà. Per gli italiani l’unico vero imperativo dovrebbe essere “far bene”.
Pietanza troppo spesso bandita dai tavoli che contano.
Il “ciclo” delle riforme
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