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Per Renzi le primarie saranno un successone

Ripubblichiamo l’editoriale di Pierluigi Magnaschi, direttore di Italia Oggi e MF/Milano Finanza, pubblicato nell’edizione odierna di Italia Oggi
 
 Le primarie del centrosinistra sono state una tappa miliare nel panorama troppo a lungo ossificato della politica italiana. Gli italiani che hanno votato hanno mandato dei precisi messaggi. Non sono i primi, questi messaggi, e non saranno nemmeno gli ultimi. Sinora, essi sono rimasti inascoltati (e persino disprezzati dall’arroganza impunita delle varie nomenclature) e quindi hanno prodotto l’antipolitica, cioè il non voto o il voto di protesta. Del resto, che cosa può fare un elettore che vede che il parlamento, senza distinzioni di sorta, dopo aver fatto finta di piangere sulle dissipazioni delle regioni, cancella nottetempo, come fanno gli scassinatori, la norma che prevedeva il controllo preventivo della Corte dei conti sulle decisioni di spesa di questi enti? I 4 milioni di persone che, facendo code di ore, sono andate a votare per le primarie, dimostrano che la gente non vuole restare a casa. Vorrebbe votare, se sapesse che, con il suo voto, contribuisce a cambiare le cose, a disegnare un futuro diverso per sé e per i suoi figli, Questa volta, con le primarie del centrosinistra, questa speranza, anzi questa sensazione, c’era. Non a caso quindi la gente si è mobilitata per scegliere, con il suo voto, qual era il modello di partito e di società su cui puntava. Quello impersonificato da Bersani o quello proposto da Renzi?
Il 35,5% di voti raccolti da Renzi (che è un Davide senza apparati alle spalle) è un risultato clamoroso perché è stato ottenuto, come ha osservato Pietro Ichino, senatore Pd, partendo da un partito che non lo appoggiava. Renzi, che ha preso il 35,5% dei voti, in partenza poteva contare solo sul 3% dei deputati democratici e sul 2% dell’apparato del partito. E aveva contro, com’è stato detto pubblicamente dalla stessa Camusso, anche l’intera Cgil. Il suo exploit ha dimostrato che l’area liberal del Pd è pari a circa il 50% del partito.
Il fatto poi che il suo miglior risultato, Renzi, lo abbia ottenuto in Toscana (dove tutti i gangli di potere erano forsennatamente contro di lui) e nelle altre tradizionali regioni rosse, dimostra che ha saputo intercettare il desiderio di rompere la morsa che il partito ha stretto sulla società di queste regioni, dove spesso sono stati otturati sofficemente anche gli interstizi di libertà. La sinistra moderna, non più marxista-leninista, non è più egemonica ma pluralista, ovunque nel mondo. Renzi vince nelle regioni più ricche, dove prevale il ceto medio e dove la gente cerca di far conto sul suo spirito di iniziativa e di sacrificio. Bersani invece si afferma nelle regioni dove la gente aspetta la pasturazione pubblica.

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