Grazie all’autorizzazione dell’editore e dell’autore, pubblichiamo l’analisi scritta da Guido Salerno Aletta pubblicata oggi sul quotidiano Mf/Milano Finanza diretto da Pierluigi Magnaschi
Il premier Renzi l’ha detto a chiare lettere: procederà allo sblocco totale dei debiti che la PA ha accumulato verso le imprese attraverso un diverso utilizzo della Cassa DDPP. Dopo la dichiarazione al Senato, visto che non leggeva un testo scritto ed avrebbe potuto essere stato frainteso, l’ha ribadito: immediatamente, entro 15 giorni, si sbloccheranno, i 60 miliardi di debiti che la Pubblica amministrazione ha verso le imprese.
Non possiamo che esprimere soddisfazione per questo reiterato impegno, anche perché coincide esattamente con il primo punto del programma predisposto dagli economisti riuniti dall’Associazione L’Italia c’è, promossa dal Gruppo Class Editori: occorre uscire dalla palude, serve uno shock positivo ed immediato, di entità pari ad almeno il 20% del pil. Pagare alle imprese 60 miliardi vuol dire immettere nel circuito economico una liquidità pari al 4% del pil: finalmente una trasfusione di risorse, invece dell’ennesimo prelievo.
LA PRIORITA’
E’ da anni che Milano Finanza sostiene la assoluta necessità che lo Stato saldi tempestivamente i debiti verso le imprese, perché i ritardi concorrono al collasso dell’economia reale e rendono più feroce il credit crunch: ormai, quasi il 40% delle sofferenze bancarie deriverebbero dai mancati pagamenti delle PA.
IL PIANO BASSANINI-MESSORI
MF-Milano Finanza ha fatto propria, per questo aspetto, la proposta già avanzata tempo fa in sede Astrid da Bassanini e Messori. I passaggi sono semplici. Punto primo: lo Stato riconosce e garantisce i singoli che le PA hanno maturato verso le imprese. Seconda fase: le banche possono trattare, a questo punto, i debiti così garantiti alla stessa stregua dei titoli del debito pubblico. Poiché non assorbono capitale, possono acquistarli pro-soluto dalle imprese ed utilizzarli come collaterale presso la Bce per ottenere liquidità. Terzo ed ultimo passaggio: la liquidità, così affluita alle banche, può essere utilizzata per concedere nuovo credito. D’altra parte, a Francoforte c’è grande attenzione a non sterilizzare la liquidità restituita con il rimbordo delle LTRO: c’è consenso unanime sulla necessità di dare sostegno dell’economia reale. Visti i tassi praticati dalla BCE per le operazioni di rifinanziamento, il costo della provvista di liquidità per il sistema bancario sarebbe di gran lunga inferiore a quello della raccolta ordinaria. Il ruolo della cassa Depositi e Prestiti, come ha chiarito lo stesso Presidente Bassanini, sarebbe solo sussidiario e di ultima istanza: insomma, non è una fotocopia della procedura con cui a metà degli anni settanta la Cassa DDPP si accollò i debiti che i Comuni avevano accumulato verso le Casse di Risparmio, che erano politicamente controllate dalle rispettive amministrazioni locali, e che stava mandando in malora l’intero comparto creditizio.
IL RUOLO DEL TESORO
E’ evidente che al Ministero dell’Economia nessuno se la sente di mettere nero su bianco una garanzia dello Stato su importi che vengono vantati come crediti da fornitori o appaltatori ma non sono riconosciuti dagli enti chiamati in causa: servono procedure chiare per poter essere certi, come si è fatto finora sulla base dei decreti legge n.35 e n.102 del 2013, che i crediti non solo “non sono prescritti” ma devono essere “certi, liquidi, esigibili e certificati”. E, naturalmente, occorre che vi siano strumenti idonei che consentano allo Stato di recuperare l’anticipazione fatta all’ente debitore.
LA MANCANZA GRAVE
Se è vero che, come sempre, anche i progetti più chiari e lineari si arenano sui dettagli, ciò che preoccupa è la dichiarata mancanza di un sistema completo ed affidabile di contabilità della PA periferica. Manca ancora quello che doveva essere il prerequisito del federalismo fiscale: un sistema di rilevazione capace di metterne sotto controllo le entrate ed i costi di gestione, per virare da un finanziamento centrale basato sui costi storici ad uno autonomo fondato sui costi standard. Così non è: siamo ancora ai progetti ed alle sperimentazioni, se tutto va bene si partirà nel 2015, con qualche coda nel 2016.
I NUMERI
Il Mef, infatti, per un verso ha espresso soddisfazione per il proprio operato, visto che nel corso del 2013 le risorse messe a disposizione degli enti debitori sono state di circa 24,5 miliardi di euro rispetto ai 27 miliardi stanziati (90%) e che nel 2014 si proseguirà nello smaltimento degli arretrati, utilizzando le risorse già stanziate: altri 20 miliardi di euro per abbattere lo stock dei debiti accumulati a fine 2012.
LA QUESTIONE DEI DEBITI FUORI BILANCIO
Dall’altra parte, sempre dalla nota del Mef si scopre che ancora c’è da scavare, per capire come stanno i conti: l’intervento sui debiti commerciali dovrà affrontare anche le passività delle società di diritto privato partecipate in misura prevalente da enti locali, agendo attraverso questi ultimi. A fine 2011 le società partecipate da soggetti pubblici dovrebbero aver registrato una perdita nell’esercizio superiore a 2 miliardi di euro. Dei debiti pregressi, invece, non è definita la consistenza, visto che è in corso una valutazione aggiornata e approfondita della posizione patrimoniale di queste società. Non solo: andrà inoltre affrontato il fenomeno dei debiti fuori bilancio, in particolare degli enti locali, che è reso possibile dalla modalità di formulazione dei bilanci degli enti locali, che non consente una chiara identificazione della formazione di debiti e crediti, e dalla mancanza dell’obbligo di registrazione in contabilità delle fatture di fornitori entro tempi certi.
LA RIFORMA DELLA CONTABILITA’
Per affrontare questi “nodi da lungo irrisolti”, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha predisposto una riforma della contabilità degli enti locali che contempla, a partire dal 1° gennaio 2015 una riforma della contabilità che impone la chiara identificazione di debiti e crediti, l’introduzione dell’obbligo di registrazione delle fatture di fornitori ed Il completamento della riforma della contabilità in forma economico-patrimoniale dal 2016. Ciò permetterà allo Stato di disporre di una conoscenza dei flussi di formazione dell’indebitamento che non è mai stata realizzata in passato e di verificare la piena attuazione della direttiva europea sui pagamenti. Per avere una contabilità della PA affidabile serve ancora tempo.
TEMPO SCADUTO
Bene si fa a pretendere tempi certi dal Parlamento, una discussione senza fronzoli ed opportunismi dilatori, ghigliottine che calano imperdonabili per evitare di sforare con i tempi di conversione dei decreti legge. Ma, a ben vedere il tempo è immobile anche altrove. Presidenti del Consiglio, Ministri, Capi di Gabinetto, alti dirigenti, tutti cambiano con maggiore o minore frequenza. Si ricordano appena nomi e cognomi.
Se il presidente Matteo Renzi vuole mantenere il suo impegno, per fare in modo che 15 giorni bastino al suo governo, almeno solo per decidere come fare per pagare i 60 miliardi di euro promessi alle imprese, si dovrà armare di santa impazienza.